Buchi Bianchi

Buchi bianchi, di Carlo Rovelli.
Buchi bianchi, di Carlo Rovelli.

I buchi bianchi, elusivi fratelli minori del più noti buchi neri che osserviamo a centinaia nell’universo. Tutto prende avvio da Hal, un americano dal sangue cherokee, che cercava di capire quale fosse la fine naturale di un buco nero, dato che le equazioni di Einstein non cambiano. Così, davanti a una lavagna, prende forma il sogno. Forse un rimbalzo, un rovesciamento del tempo che dentro a un buco nero si annulla come lo spazio. Un effetto tunnel quantistico che da vita matematicamente a un qualcosa che può essere chiamato buco bianco.

È un primo passo, il quale ancora non si sa dove porti, un’avventura in corso e l’inizio è sempre il passo più difficile.

Buchi bianchi e neri:

Il buco bianco non nasce dalla necessità di stare nel politicamente corretto, non stiamo dentro le rivisitazioni dei testi di Roal Dahl o Ian Fleming. I buchi neri esistono e possiamo chiamarli così senza nessun dubbio razzista. Il buco bianco è una teoria che deriva da quella dei buchi neri, una intuizione che le equazioni delle fisica quantistica pongono come probabili, non ancora possibili in quanto non ancora osservati e misurati.

Pertanto come si può ipotizzare una cosa che non possiamo misurare e osservare? Proprio la storia della ricerca scientifica sui buchi neri ci offre la strada. Anche loro sono stati una semplice intuizione che l’analisi matematica rendeva probabile, nel caso specifico la famosa teoria della relatività di Einstein. Il celebre premio Nobel li ha solo immaginati, in modo anche abbastanza generico peraltro, grazie alle sue equazioni che avevano preso a prestito i precedenti lavori di James Clerk Maxwell. Per averne la prova reale ci sono voluti molti anni e correzioni a quelle equazioni. La primo eco di un buco nero fu registrata da karl Jansky casualmente negli anni trenta del 1900, per arrivare a vederli solo di recente.

Vedere un buco nero pare un assurdo e in effetti lo è anche. Si chiama nero proprio perché non si vede niente, in quanto la gravità della stella che sta collassando su sé stessa è così forte che nemmeno la luce (che è massa come lo siamo noi e segue le leggi di Newton come noi) riesce a uscire. Quindi serve un qualcosa in più, serve la logica e la fantasia, portarsi con sé l’esperienza di altri e lasciarne a casa altre, insomma compiere un passo oltre. Senza questo passaggio non ci sarebbe stato vero sviluppo scientifico e che in maniera banale possiamo definire (appunto) intuizione.

La storia della scienze è ricca di intuizioni che, pur apparendo in quel momento indimostrabili, divenivano piene di senso in quanto unica spiegazione possibile sulla base di elementi già conosciuti e portati avanti da altri. Così fu per Anassimandro il quale sostenne che la Terra dovesse galleggiare in uno spazio libero senza poggiare su nulla. Aristarco che pensò che il Sole fosse più grande della Luna, ma che apparisse uguale nel diametro perché molto più distante. Per ultimo Galileo che riteneva fosse la Terra a muoversi. L’intuizione percorrere i tempi e spesso non viene accettata (e la cosa non è per forza negativa) ma è sempre originata da eventi concreti. I tre esempi citati non hanno visto la luce a caso, ma erano forti di elementi osservati che conducevano quei personaggi a quelle determinate conclusioni, non perfette ma molto prossime.

L’uomo dei buchi bianchi:

Carlo Rovelli, fisico teorico e saggista. Nato a Verona ha lavorato e portati i suoi studi negli Stati Uniti. Adesso lavora in Francia dove insegna all’università di Marsiglia. Ha già pubblicato diversi testi di divulgazione scientifica e lo abbiamo visto anche i televisione alcune volte. Fisico teorico, ho accennato, è fra i principali fondatori della teoria della gravità quantistica a loop, che dà modo a questo testo di prendere una forma complessivamente identificabile sul tema dei buchi neri e poi buchi bianchi. Infatti si addentra nel mondo della fisica quantistica (cioè delle particelle in particolari condizioni limite) proponendosi di spiegare, pur nella consapevolezza della complessità che non può essere elusa.

Da appassionato di astronomia ed ex astrofilo (quante lezioni e quante serate con il nostro gruppo di divulgazione), non potevo farmi sfuggire questo piccolo ma corposo e illuminante testo. Parlare di cose difficili è altrettanto difficile, non scadere in inutili semplicismi è un elemento non da poco. Il fatto che l’autore sia un fisico, ricercatore e insegnate, ci aiuta a rendere approcciabili argomenti che non possono essere semplici. Fra tutte cito la spiegazione sulla dilatazione e rallentamento del tempo, fino a fermarsi dentro a un buco nero, tramite l’esempio della persona che viaggia verso il deserto e tutti i giorni invia una lettera: geniale.

Un buco bianco è un buco nero con il tempo ribaltato.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.