Circe

Circe, di Madeline Miller.
Circe, di Madeline Miller.

Nacque quando ancora non esisteva nome per ciò che era. Ninfa, questo era presumendo fosse stata come la madre, le zie, oppure le migliaia di cugine esistenti. Oramai ultime fra le dee minori, con modesti poteri come quelli della madre, una naiade a guardia dei fiumi e delle sorgenti. Poteri però capaci di garantire l’immortalità. La parola ninfa definiva il perimetro del suo futuro, non propriamente dea, casomai sposa.

Fu una zia a darle il nome di Circe, sparviera, per via degli occhi gialli e del suono insolitamente flebile del pianto. Per il padre, Elios un titano, avrebbe fatto un matrimonio propizio con un principe. Per la madre Perseide era accettabile solo un figlio di Zeus. Nacque un fratello (Perse) e una sorella (Pasifae), che si burlavano di lei considerandola brutta come una capra.

I titani persero i favori di Zeus, a causa di uno di loro di nome Prometeo. Aveva donato il fuoco ai mortali e ora subiva la punizione divina. Circe scopre il sangue e il dolore, validi anche per lei pur essendo immortale. Conobbe anche le fatiche degli esseri mortali, con Glauco il pescatore per cui s’impegno di far riempire le sue reti. Di lui s’innamorò donandogli un potere divino, ma lui poi le preferì Scilla.

Circe: un mito, una dea.

Mito, sogno, immaginazione. La mitologia che diviene storia e narrazione, un romanzo che racconta le vicende di una persona speciale. Un’infanzia difficile, un destino divino che segna il suo essere, con genitori forse troppo impegnati nei loro ruoli e una la lunga schiera di parentele e dei in un gioco di predominanza. Forse è questo che definisce le debolezze di Circe, che ottiene e sviluppa il suo potere.

Come la possiamo definire in maniera corretta? In genere troviamo che viene chiamata come “la maga Circe”, un modo generico che porta in primo piano l’aspetto meno credibile del personaggio. Un’idea da fattucchiera che falsifica, mentre in questo romanzo le viene restituita la giusta dignità di essere immortale, più vicino a una dea che a una maga. Il motivo di questo fraintendimento è la Pharmakeia, ovvero l’arte di operare con erbe magiche. Erbe particolari, che spuntano dal sangue degli dei, capaci di donarle il potere di mutare gli esseri.

Un potere non completo se vogliamo analizzarlo. Modifica la forma degli esseri: uno scorpione in topo o un gabbiano in lepre. Forma quindi, quello che non veniva tramutato era l’istinto. Infatti tramutò i compagni di Ulisse in maiali o cani a seconda del carattere ma sempre uomini rimanevano dentro. Solo un dio poteva avvisare Ulisse come evitare le conseguenze delle bevande di Circe e da lui ebbe un figlio: Telegono.

Questo non è un romanzo recente, la sua pubblicazione è del 2018. Un testo che potrebbe non piacere, soprattutto per l’impostazione molto orientata alla storia della mitologia. Infatti direi che l’autrice è un personaggio particolare come le storie che scrive. Madeline Miller è una statunitense di Boston, anche se vive fra New York e Filadelfia. Femminista e insegnante di greco e latino nei licei e già questo ci aiuta a capire perché un libro su Cicrce, ancora di più percepire è descritta così.

Aveva già esordito nel 2011 con un romanzo storico-mitologico “la canzone di Achille”, imperniato sul rapporto di amore e amicizie fra il noto eroe e Patroclo, fino alla famosa guerra di Troia. L’autrice dichiara di scrivere i suoi romanzi utilizzando le fonti classiche: esempio Omero, Ovidio, Platone, Virgilio e altri. Per questo motivo la narrazione è ricca di dettagli che elevano molto il valore del racconto.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.