Delitto sull’isola bianca

Delitto sull'isola bianca, di Chiara Forlani.
Delitto sull’isola bianca, di Chiara Forlani.

Nell’isola bianca, su fiume Po fra Ferrara e Rovigo praticamente di fronte a Pontelagoscuro, vivono alcune famiglie. Siamo nel 1950 e un equilibrio antico governa la vita nell’isola anche se sulla terraferma, lungo le sponde del grande fiume, l’Italia sta mutando il suo apparire. Attilio della famiglia Malvezzi, detto il foresto per essere stato molto tempo fuori dall’isola in guerra, vive dalla poca pesca donata dal fiume. Porta male i suoi trent’anni e deve convivere con un proiettile conficcato in testa, però questo aspetto ha acuito la sua capacità di empatizzare con le persone, di comprenderne i pensieri.

Anche la piccola Annina vive nell’isola bianca, è la più piccola della famiglia Saletti, nata quando i genitori non pensavano più di avere altri figli. Una sera tardi, mentre un temporale stava per abbattersi, la piccina stava tornando a casa e cadendo nel fango incrociò gli occhi di un vecchio che giaceva morto. Lei corse a casa sconvolta, avvisando i suoi. Il padre di Anna chiamò il foresto e assieme, nonostante il maltempo imperversasse, si misero alla ricerca del cadavere e lo trovarono.

La persona trovata morta era Umberto Maris detto Sacocia, in quanto portava sempre a tracolla una sacca contenente tutti i suoi averi in denaro. Avaro fino all’eccesso viveva con la figlia veronica in una casupola pur di tenere in affitto la fattoria di proprietà. Qualcuno lo aveva ucciso, qualcuno che sapeva della sua stravagante abitudine di avere il denaro con sé, oppure qualcuno che aveva debiti nei confronti di quel vecchio taccagno e c’era chi di debiti ne aveva molti.

Perché l’isola bianca:

L’isola bianca esiste veramente. Forse qualcuno potrebbe avere dei dubbi, i quali possono essere fugati con l’ausilio di google maps. L’isola è lì, sinuosa, adagiata in un punto dove il Po disegna un’ansa nei pressi di Pontelagoscuro. A mio modesto parere l’isola è importante nell’economia del libro, non tanto perché è il sito di un omicidio (che poteva essere commesso in qualunque altro posto), non tanto perchè ci vinono molti personaggi della storia e il protagonista “foresto”, l’isola è in primo luogo un pretesto. Questa isola bianca serve, è un simbolo anche se di primo acchito si potrebbe pensare sia solo uno scenario necessario alla storia. Io ne ho visto un’allegoria, una metafora potente riguardo un passaggio civile e sociale che la nostra nazione stava vivendo in quegli anni.

Siamo negli anni cinquanta, la guerra è il regime fascista è alle spalle, il paese si sta ricostruendo e gettando le basi di quello che, nel decennio successivo, sarebbe diventato il famoso boom economico. I cambiamenti tendono a essere radicali e una nuova modernità sta facendo capolino nelle città. Solo che nell’isola bianca non c’è nulla di tutto questo, neppure l’energia elettrica, è un piccolo mondo che si poggia su antichi schemi dettati dalle stagioni o dalle albe e i tramonti. Un mondo difficile, come difficile è rapporto con il grande fiume e le sue piene fanno tremate i più.

Anche il protagonista Attilio, con quel soprannome curioso di “foresto”, si pone al limite fra il suo passato e la voglia di cambiare. Il foresto è un uomo legato alla sua terra e nel contempo vorrebbe rompere i legami. Le colpe dei fallimenti li attribuiva solo a sé stesso. Mettere trappole lungo l’argine per i pesci era il suo modi essere libero, senza dover chiedere al padre niente e non sentirsi un fallito. Seguite attentamente Attilio, perché va ben oltre il ruolo disegnato nell’indagine, nonostante il sottotitolo del romanzo.

Il libro:

Credo che una nota interessante vada fatta sul testo. Per quanto sia una trama “thriller-gialla” l’espressione letteraria sta al di fuori dei classici modi di scrivere di un autore specializzato sul genere crime. L’andamento segue ritmi da narrativa generale. La lettura ci guida alla storia senza la necessità di porre il lettore sempre sull’attenti con capitoli zeppi di cliffhanger e di certo non mancano i colpi di scena. Proprio in questo le parentesi riguardanti i piccoli Carlo ed Ester, soluzione azzeccatissima nel contesto, mostrano che il quadro narrativo non segue il percorso del giallo classico.

La scrittura è sempre perfetta, incanalata secondo uno stile curato senza divenire eccessivo, adattata senza ombra di dubbio al periodo storico in cui viene posta la vicenda. Persino l’uso di modi gergali e dialettali, utilizzati in modo frequente, arricchiscono e nel contempo creano familiarità con un mondo che noi non conosciamo ma che l’autrice ha ben presente per passione e ricerca. Il romanzo è in modo prevalente suddiviso in giornate, mentre i capitoli sono solo il perimetro dei singoli ambiti della narrazione.

Chiara Forlani, scrittrice ferrarese e insegnate presso la scuola ospedaliera dell’Ospedale Pediatrico di Ferrara, dove svolge le lezioni ai piccoli malati ricoverati. Una vita dedicata con passione alla sua terra (Ferrara), all’arte e alla cultura in generale . Una donna che ha lavorato presso musei e aperto un laboratorio di restauro di opere antiche. Ma i risultati migliori, a parere mio, li sta ottenendo con la produzione letteraria.

Il punto focale delle sue opere è narrare di storia: quella fatta da gente comune o inseguendo le sorti di artisti magari poco noti a noi lettori comuni ma importanti a livello internazionale. Artisticamente molto eclettica si è pure cimentata in narrazioni per bambini, i cui proventi sono andati tutti per di aiutare i piccoli ricoverati dell’Ospedale Pediatrico. Questo romanzo non segna l’esordio dell’autrice, la quale invece ha già alle spalle interessanti pubblicazioni e in due casi ho avuto il piacere di parlarne in questo blog (primo articolo e secondo articolo).

Il fatto è che questo romanzo si prospetta come una pubblicazione che vuole approcciare a qualcosa di importante, il vero passo in avanti per un’autrice che merita moltissimo. Un salire nuovi gradini grazie soprattutto a una casa editrice giovane (NUA edizioni ha preso avvio solo nel 2019) ma con un catalogo di tutto rispetto, composto da autori nostrani e internazionali. La qualità c’è tutta, sia per quanto riguarda il testo che ha già ottenuto dei riconoscimenti, sia per la cura del libro inteso come prodotto commerciale. Ora spero di vederlo spiccare il volo.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.