Finchè il caffè è caldo

Finchè il caffè è caldo, di Toshikazu Kawaguchi.
Finchè il caffè è caldo, di Toshikazu Kawaguchi.

Finché il caffè è caldo non è un consiglio e nemmeno un invito. Si tratta di una regola, la più importante di tutte. In Giappone pare che esista un locale antico da più di centoquaranta anni che serve caffè. Non ha aria condizionata, solo una grossa pala al soffitto che smuove l’aria per gli avventori, poi vecchie lampade a olio sostituite con quelle elettriche. Appare come un posto per traffici loschi ma nasconde un grande segreto.

Fumiko aveva scoperto per caso il segreto del caffè, pareva una leggenda metropolitana e invece poteva davvero riportare indietro nel tempo le persone che erano state in quel locale. Il fidanzato, Goro, l’aveva lasciata per andare in America a lavorare preferendo la carriera. Lei voleva l’opportunità di tornare nel passato per rimettere le cose a posto. Se la storia fosse stata vera il locale sarebbe stato preso d’assalto, invece solo lei, un uomo con una rivista e una donna vestita di bianco.

Kazu, la cameriera, accetta di aiutarla ma esistono delle regole ferree. La prima regola definisce che ciò che è successo non potrà essere cambiato. La seconda regola precisa che per tornare nel passato ci si può sedere solo su una specifica sedia. Un’altra regola sancisce che non ci si può alzare per nessun motivo mentre si viaggia nel passato; infine la regola più importante, perché esiste un limite di tempo, ovvero finché il caffè versato sulla tazza rimane caldo.

Il caffè e il viaggio nel tempo:

Immagino che qualcuno lo pensi: non è un romanzo di fantascienza e nemmeno un fantasy vero e proprio nonostante l’idea del viaggio nel tempo. Si tratta di una rappresentazione dell’assurdo che porta alla luce il nostro elemento più debole come esseri umani, cioè la capacità di sbagliare e con il sennò di poi pensare di porvi rimedio. Solo che non esiste rimedio a quanto ci è successo, casomai è possibile trarne una lezione che inizia sempre con l’angoscia dell’errore.

Sono tante le situazioni che potrebbero indurci a ipotizzare “… se potessi tornare indietro non farei più quella cosa…”. Sfido chiunque a sostenere che, anche se per un solo attimo, non sia mai passato per la mente un simile pensiero. Io sono fra quelli che ha fatto riflessioni sulle cose compiute e quindi sorge sempre il dubbio sul COSA se si fosse operata l’altra scelta. Purtroppo esiste un solo fatto incontrovertibile, ovvero che il risultato di quella scelta non potrà più essere cambiato a nostro piacimento.

Questo è viaggiare nel tempo, forse non sembra a primo acchito però lo è. Noi ripensiamo alle scelte compiute e facendo quello sforzo torniamo nell’animo e nella mente a quel periodo. Ancora di più, lo riviviamo in tutti i dettagli e ci immaginiamo pronti ad aprire l’altra porta, quella che abbiamo preferito lasciare chiusa e che adesso ci appare foriera di condizioni migliori.

Din-don

Si tratta del suono della campanella posta sopra la porta d’ingresso del locale, sancisce il via vai delle persone e dei loro stati d’animo. È il segnale che rappresenta il passaggio dei vari paragrafi, equivalente ai vari asterischi che possiamo trovare in altri romanzi. Il gioco di utilizzare il suono onomatopeico, come succede per i fumetti, potrebbe fare apparire la soluzione infantile e invece è sensata nel contesto.

Toshikazu Kawaguchi è uno scrittore Giapponese nato a Osaka nel 1971. Nel 2015 raggiunge la notorietà con un clamoroso esordio proprio con “finché il caffè è caldo”, al punto che colpisce che questo romanzo abbia venduto più di un milione di copie nel solo Giappone. Artisticamente è stato paragonato a Murakami o a Yoshimoto, forse per questa loro caratteristica di scrivere il modo schematico ed essenziale, oppure magari è la traduzione che li fa sembrare schematici ed essenziali.

“L’importante è bere il caffè finché è caldo.”

Massimo Fusai. Segui su Instagram.