La Stazione

La stazione, di Jacopo De Michelis.
La stazione, di Jacopo De Michelis.

La Stazione Centrale di Milano è un pianeta a sé, è come una riserva di pellerossa nel mezzo della città. (Giorgio Scerbanenco)

In effetti, la Stazione Centrale di Milano, offre un’apparenza di mondo separato dal resto del capoluogo lombardo, vuoi per la sua monumentalità, vuoi perché è un involucro chiuso e misterioso.

Riccardo Mezzanotte, un giovane ispettore che a causa di problemi inerenti i regolamenti e le gerarchie viene spedito dalla omicidi alla Polizia Ferroviaria, nella sezione della stazione Centrale di Milano. Il primo impegno: l’arrivo in stazione di un treno carico di tifosi provenienti da Roma per la partita di campionato. Doveva svolgere il servizio d’ordine e le notizie che giungevano dal convoglio non erano le migliori. Poi in stazione di tutto, compreso una bomba carta e ci mancava solo ci scappasse il morto, come due anni prima al G8 di Genova.

Il lavoro alla Ferroviaria non lo aiutava, i ricordi andavano alle gesta che aveva compiuto per sgominare il killer della tangenziale. Tutti lo paragonavano al padre, si attendevano grandi cose successivamente a quell’indagine. Invece il destino era diventato la stazione, con i servizi operativi fra i passeggeri in transito e i treni. Poi un gatto morto squartato fra i binari, forse un treno. Un po’ di giorni dopo ancora un gatto morto, un soriano fuori dall’atrio delle biglietterie. Le stesse ferite, ma questa volta non poteva essere stato un treno.

Una stazione prima di un romanzo:

Un giallo, un thriller, un documentario, un resoconto sociologico. Difficile inquadrare un romanzo siffatto, in cui si intersecano tanti aspetti inerenti la storia. Solo su una cosa posso essere certo, ovvero che il protagonista del romanzo è “la stazione”. Si proprio la grande stazione di Milano, non Riccardo Mezzogiorno che è solo il personaggio principale. Tutto è identificato nella grande struttura comunicativa del capoluogo lombardo.

Venne Inaugurata nel 1931, i progetti di base pare fossero del 1912, poi un insieme di modifiche e stili diversi, fino a erigere in modo definitivo una “cattedrale del movimento”. La stazione diventa soggetto, anima vivente, madre naturale e matrigna implacabile. Il sogno di partire di tanti, la realtà di immobilità di molti altri. La stazione è un crocevia di disperazione ed esplosione di povertà: quella economica, mancanza di soldi e di una casa; quella fisica o mentale, data dal disagio o tossicodipendenza; infine la solitudine, la più infida delle povertà.

La vicenda si dipana, complessa, su piani di originalità molto elevati e tutto è imprevedibile nel contesto della storia. Nulla è scontato e non è facile trovare un romanzo che ti porti totalmente fuori da quello che ti aspetteresti. L’indagine c’è, ma forse somiglia a un’avventura, in cui si intersecano decine di personaggi particolari, che all’apparenza identificano stereotipi, ma assurgono a elementi di contrasto capaci di arricchire il panorama.

In tutto questo troviamo il personaggio principale della storia, cioè l’ispettore Riccardo Mezzanotte. Come in tutti i gialli che si rispettino ci vuole un ispettore, con tutti i difetti dell’uomo e le difficoltà nella vita quotidiana. Poi, il suo contraltare, Laura Cordero, una studentessa universitaria con il dono di empatizzare con chi ha accanto. La madre la desiderava etoile nel mondo della danza, lei preferiva aiutare i diseredati della stazione.

In conclusione il giudizio: risulta ovvio che l’aspetto soggettivo da lettore ha una certa rilevanza e vale per chiunque. Prima di leggerlo ho trovato molti commenti contrastanti, di varia natura, da quelli entusiastici a quelli nettamente negativi. Io personalmente posso parlare di un romanzo molto interessante, per certi versi anche bello. C’è un però, ovvero erano proprio necessarie più di ottocento pagine per raccontare, persino nei dettagli, tutta la storia? A essere sincero ho trovato una sovrabbondanza di puntualizzazioni su aspetti in definitiva marginali, che hanno allungato in modo eccessivo (forse) l’intera trama. Non posso spoilerare (che brutta parola a dire il vero)… non posso mettere in luce aspetti della trama, ma posso citare le prime pagine come esempio; pertanto tutta la storia del viaggio del convoglio con i tifosi, da Roma fino a Milano (badate bene), e molta parte della guerriglia in stazione potevano essere asciugate senza nulla togliere all’essenza. E così tante altre parti.

Jacopo De Michelis, scrittore, traduttore, curatore di collane editoriali, titolare della cattedra di narratologia nella Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Le attuali traduzioni dei romanzi di Jules Verne le dobbiamo a lui. Vive a Venezia e lavora come editor presso Marsilio, anche se il termine editor fa forse propendere più per una figura di responsabile editoriale e non di sistemazione di testi. Infatti cozzerebbe con la struttura del suo romanzo di esordio, perché “la stazione” è la sua prima pubblicazione personale. Un romanzo scritto in modo moderno, ma sfruttando schemi ottocenteschi, tipici dei romanzi monumentali come Guerra e Pace, Moby Dick, il conte di Montecristo. Tanta carne al fuoco, quasi fuori dalle regole della editoria moderna, che disegna il netto contrasto fra lo scrittore e l’editor, quasi un conflitto interiore da cui ne esce vincitore lo scrittore.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.