La strada di casa

La strada di casa, di Kent Haruf.
La strada di casa, di Kent Haruf.

La strada di casa la conosceva molto bene. Jack Burdette, un sabato pomeriggio di novembre, ritornò a Holt a bordo di una Cadillac rossa non nuova. Da otto anni era andato via, fuggito in California e nessuno lo cercava più, nemmeno la polizia. Era cambiato, quasi irriconoscibile, grasso e pelato. Ma qualcuno chiamò lo sceriffo.

Jack Burdette era stato un ragazzone forte, con nessuna voglia di studiare ma abile nel football, per questo motivo tutti chiudevano un occhio sul rendimento scolastico disastroso. Non all’università, dove venne cacciato per furto e tornò a casa. Si arruolò nell’esercito e poi tornò ancora a casa.

Ritornò a Holt, come se niente fosse, persino dopo un convegno di lavoro, dove si sposò in sole ventiquattr’ore con la bella Jessie, ferendo l’animo e l’amore di Wanda Jo Evans. Poi, dopo cinque anni e due figli, l’ultimo giorno di dicembre del 1976 Jack scomparve, abbandonando la moglie incinta e due bambini. L’aveva fatta grossa.

Storie americane:

Una storia che si sviluppa nell’ignoranza: quella di Jack, che non sente il bisogno di studiare, e quella di una cultura della provincia americana, rappresentata dalla cittadina di Holt, che niente sa del mondo e poco di quanto gli sta intorno, al punto tale che la California è una galassia lontana.

Holt è un microcosmo in cui appare tutta la contraddizione del vivere statunitense lontano dalle grandi città, la giustizia sommaria che prende campo a diversi livelli. Gli equilibri forti, a volte assurdi, della cosiddetta pancia dell’America e non siamo nel nuovo millennio e non c’è Trump presidente.

La vicenda e raccontata dal punto di vista di Pat Arbuckle, figlio del direttore del giornale locale. Un dettaglio particolare, perché il narratore e uno dei soggetti della storia. Il romanzo si sviluppa in un lungo flashback in cui Jack Burdette non è il protagonista, ma l’immaginaria cittadina del Colorado.

Il titolo originale del romanzo è “where yuo once belonged”, più o meno traducibile in dove una volta appartenevi. Si tratta di uno dei tanti titoli modificati per il mercato italiano. Nonostante l’appartenenza sia identificabile nella trama, l’idea del ritorno rende più evidente il significato.

Una storia sviluppata senza creare aspettative particolari, i colpi di scena non sono eclatanti, nessun cliffhanger per dare pathos o valore all’attesa del capitolo successivo. Forse è questo il motivo per cui ho letto molti giudizi non proprio positivi di lettori odierni.

Su questo aspetto particolare, ovvero la mancanza di colpi di scena roboanti, dovrebbero fare un pensiero fattivo gli editor o chi valuta testi, in quanto il colpo di scena incredibile non è detto che porti sempre valore a una storia.

La casa di Haruf nella pianura:

Alan Kent Haruf, autore statunitense deceduto nel 2014. Prima di diventare scrittore ha svolto lavori di vario genere e in posti diversi. È stato operario in un allevamento, bibliotecario e assistente in una clinica, infine docente universitario. Forse proprio da queste esperienze nascono i personaggi dei suoi romanzi.

L’esordio da scrittore non è giunto presto, aveva 41 anni quando ha pubblicato il primo romanzo, mentre “la strada di casa” venne edito nel 1990. Le due uscite ebbero scarso successo. La notorietà e i risultati arrivarono all’età di 56 anni, grazie alla così detta trilogia della Pianura.

È interessante scoprire come molti scrittori, oggi innalzati facilmente agli altari, abbiano invece vissuto sorti poco propizie durante la loro carriera. Abbiamo citato il caso di John Edward Williams, ma tanti altri potremmo elencarne.

Quindi forza e coraggio, che non si può mai dire.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.