L’incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi

L'incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi, di Daniele Naselli.
L’incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi, di Daniele Naselli.

Di cognome fa Marrazzo e non crede ai fantasmi. Sì, i fantasmi: quelle strane entità che spalancano finestre, digitano password sul computer e con l’esperienza del Poltergeist navigano fra le cartelle e file presenti. Una vera ricerca finalizzata a qualcosa, perché il fantasma scrive persino un messaggio. In tale situazione Marrazzo trova il proprio computer in ufficio, dove imperversa la Bertini, una rompiscatole che fa gli stipendi e controlla gli orari.

Marrazzo ha una fiamma di nome Nicoletta, con cui ha persino condiviso una curiosa e intrigante caccia al tesoro fotografica fra vie, chiese e quadri. Lei è molto donna, non solo per i tre anni in più ma anche per il bimbo di nome Marcello con problemi di diabete infantile. Inoltre ha la passione di prendere cose vecchie dalle case abbandonate. Lui invece si sente un ragazzo e il fatto che lei abbia un figlio qualche difficoltà gliela crea.

Con un’ape, non particolarmente efficiente, vanno in visita di vecchie abitazioni. Hanno tutto, cioè quasi tutto, il piede di porco Marrazzo non lo ha trovato. C’è da vedere una casa in località Casarza. La casa ha un guardiano, un gatto rosso demoniaco. Gli oggetti invece avevano parlato. A Nicoletta succedeva spesso che gli oggetti le parlassero. Marrazzo non si era accorto di nulla, a parte non ricordarsi più di niente compreso il perché la torcia fosse spenta.

Poi immagini, che vanno e vengono e lo spirito del futuro prende forma nei suoi pensieri.

Marrazzo e i fantasmi:

Marrazzo, il nostro eroe. Così lo definisce l’autore e in ogni capitolo lo sottolinea facendoci partecipi che (comunque e sempre) la sua è una incredibile storia. Sì, perché a tutto possiamo pensare fuorché a qualcosa di credibile, eppure tutto prende valore intorno a un evento di cronaca. Ma proprio qui risiede il gioco, dove tutto diviene un innesco, quasi folle, per creare una storia fuori dalle regole. Un giallo atipico, che forse non è un giallo; un mistery fantastico, che forse non è proprio misterioso. Un romanzo comico, che vola sulle righe dell’ironia accesa ma forse comico non è.

Un protagonista da cui stare a distanza, in quanto sarà lui a venirci incontro che lo si voglia o no. Paradossale ma mai fasullo nel suo modo di essere anche politicamente scorretto e attratto dai seni prosperosi. Pregi e difetti che s’intersecano in una storia che fa somigliare Marrazzo a un Magnum P.I. da quattro soldi, transitando magari per un inseguimento al fantasma di Babbo Natale.

Ho pensato che, per certi versi, siano presenti delle citazioni di famosi film, i quali hanno segnato la giovinezza di molti (la mia sicuramente). Il primo film che ho percepito fra queste pagine è “Gostbuster”, alcune descrizioni sono figlie di quella pellicola pur senza scopiazzature di sorta. Il secondo film è il celeberrimo “Fantozzi” (del resto l’autore è ligure come Paolo Villaggio, forse è l’aria…) e se il protagonista non è impiegato in una grande azienda, con il mega dirigente galattico, lascia comunque divertiti i lettori con le descrizioni delle sue marrazzate.

Daniele Naselli, classe settantatré, ligure, appassionato di letteratura e musica. Questo non è il suo romanzo di esordio e dato che a me piace sottolineare gli esordi, colgo l’occasione per segnalare anche il suo primo libro, un triller psicologico “frammenti di razionale confusione”. Bisogna ammettere che la scelta dei titoli è sempre molto particolare, anche un po’ lunghi al punto da richiamare i film della regista Lina Wertmüller.

Il romanzo di cui parlo in questo articolo, l’incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi, è degno di nota non solo per l’orignalità e la personalità debordante dello scritto, ma anche perché già parte della rosa dei finalisti del concorso “romanzi in cerca di autore” che ha fatto da trampolino anche ad altri testi presentati in questo mio blog. Posso solo augurarmi che l’autore prosegua in questo percorso difficile.

Ebbene sì, le infermiere hanno sempre il vizio di usare termini tecnici.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.