Mastro Geppetto

Mastro Geppetto, di Fabio Stassi.
Mastro Geppetto, di Fabio Stassi.

Mastro Geppetto, lo chiamavano così, per prenderlo in giro e storpiando il nome Giuseppe o Giuseppetto. È una storia diversa da quella che conosciamo, una storia da un soldo. Tutti la conoscono sulle montagne degli Appennini e sono desiderosi di raccontare come sia andata veramente. Viveva in una casa storta, nel luogo più basso del paese, la barba dura e le spalle curve, sulla testa una parrucca dal colore della polenta di granoturco.

L’idea era piovuta in testa a Mastr’Antonio, fra un bicchiere e l’altro, in compagnia del curato, del farmacista e altri. Una corteccia dura, che non era buona neppure per il fuoco, l’avrebbe regalata al vecchio Geppetto. Gli avrebbe detto che era un pezzo di legno magico, che rideva se gli facevi il solletico, che possedeva una vocina che non stava mai zitta. Era curioso di scoprire se ci avesse fabbricato una marionetta, come sempre lo aveva sentito cianciare.

Un dono inaspettato per Geppetto. Se ne era rimasto immobile e in silenzio con gli occhi lucidi, da tanto non riceveva regali e non sapeva più cosa si provava. Fece la marionetta, voleva registrarla come un figlio all’anagrafe e poi partire con lui per il mondo.

La versione di Mastro Geppetto:

Cosa sappiamo di Mastro Geppetto? Solo quello che il buon Carlo Lorenzini, noto come Collodi, ci narra nella storia per l’infanzia per antonomasia: le avventure di Pinocchio, la storia di un burattino. Infatti tutto ruota intorno alla marionetta senza fili e del genitore perdiamo in parte le tracce. Ritroviamo Geppetto nella pancia della balena, verso la fine del racconto quando Pinocchio finisce inghiottito dal grande pesce.

La domanda può nascere ingenua e per certi versi è sempre esistita in chiunque di noi abbia letto quella storia. Quale era il punto di vista del falegname Mastro Geppetto? Quale sviluppo avrebbe preso la storia se rappresentata secondo gli intendimenti di chi aveva dato forma al burattino? Quel pezzo di legno magico forse non era magico, magari la magia stava nella sua testa, nel desiderio di un figlio, nell’idea di solitudine che appare nella fiaba e che contraddistingue la sorte di molti.

Un gioco, nulla più. Un interessante mondo si aprire a nuovi sviluppi, prendere una storia e rivederla secondo il filo logico di un altro soggetto che sia vicino al protagonista. È questa la l’idea espressa nel romanzo e potremmo farlo per altre fiabe, ad esempio Biancaneve raccontata seguendo la linea dei nani, oppure cappuccetto Rosso conoscendo meglio le vicende del lupo. Con questa piccola invenzione è possibile aprirsi a sviluppi impensati senza stravolgere l’originale, anche per romanzi importanti.

Questa soluzione letteraria, veramente godibile, la dobbiamo allo scrittore Fabio Stassi. Siculo di nascita, vive a Viterbo e lavora a Roma. Nel suo sangue circolano i geni dei gruppi albanesi che si stabilirono in Italia tra il XV e il XVIII secolo. Il suo curriculum letterario riporta un bel numero di pubblicazioni di rilievo, compreso il premio Selezione Campiello vinto nel 2013.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.