Moby Dick

Moby Dick, di Herman Melville.
Moby Dick, di Herman Melville.

Moby Dick o La balena. La storia di una nave dal destino segnato da un uomo. La storia di Ismaele, un ragazzo con un passato da marinaio di marina mercantile. Lui vuole ancora conoscere, fare altre esperienze, vuole affrontare la realtà di una baleniera. Parte per le coste del Massachusetts e in una taverna accetta di dividere un letto con un marinaio sconosciuto al momento assente. Quando lo sconosciuto arriva si spaventano a vicenda per la sorpresa. Il compagno di stanza si chiama Queequeg, è un ramponiere polinesiano massiccio e tatuato.

Fra Ismaele e Queequeg nasce un’amicizia fraterna e sincera. L’esperienza del tatuato polinesiano convince Ismaele di seguirlo fino a Nantucket, dove ci sono le più importanti navi per la caccia alla balena. Non solo decide anche di avventurarsi nella stessa nave. I due trovano un imbarco abbastanza facilmente, si tratta della baleniera Pequod che si sta organizzando per salpare. Ismaele e Queequeg definiscono un contratto e la relativa paga, sulla base dei loro ruoli e esperienze.

La nave è comandata da un personaggio di nome Achab, un uomo che tutti annunciano come inflessibile, un uomo mutilato a una gamba, un uomo simile a un Dio. Un comandante che però pare non esistere perché non si vede mai. Solo una persona, un misterioso personaggio di nome Elia, avvisa Ismaele lungo il molo: Achab verrà colpito da terribili disgrazie.

Moby Dick:

È un classico, indubbiamente, ma non è un romanzo classico. Permettetemi questo gioco di parole che pare senza senso per riferirmi a “Moby Dick” di Herman Melville. Dico questo perché è la fedelissima descrizione di un’epopea, in parte romanzata è vero, ma fortemente documentaristica.

Scorrere le sue pagine non appaga la semplice lettura, come potrebbe fare un romanzo d’avventura di Alexandre Dumas padre (il quale pubblicava nello stesso periodo), appaga la curiosità su un mondo arcaico e perimetrato da quelle baleniere che navigavano, per mesi interi, alla ricerca di quel miracolo che illuminava le notti nelle città prima dell’avvento del petrolio: lo spermaceti.

È vera e propria mitologia, una trama che si sviluppa intorno a due probabili eventi realmente accaduti: Il primo riguardò il naufragio della baleniera Essex, affondata dopo l’urto con un capodoglio di dimensioni mostruose nella prima metà del 1800 al largo del Pacifico. Il secondo riguarda l’uccisione di un capodoglio albino, denominato Mocha Dick. Intorno ricchi capitoli sulla vita in navigazione, sulla caccia, su come vengono lavorate le balene uccise, cosa mangiano i marinai e tanto altro.

Moby Dick, di Herman Melville, si configura alla stregua dell’eterna lotta fra bene e male, come motivazione fondante di tutta la storia umana. Resta difficile dire dove stia il bene e da quale parte si trovi il male. Oggi, sicuramente, possiamo vederla anche da un altro punto di vista. Chi ha conosciuto solo il film diretto da John Huston del 1956, con protagonista Gregory Peck, sappia che il finale cinematografico è ben diverso, pur essendo ispirato a momenti narrati nel libro stesso.

Herman Melville scrittore, poeta che tutto il mondo conosce. Nacque a New York il 1º agosto del 1819, da una famiglia ricca di commercianti. Le sorti economiche della famiglia non furono delle migliori fino al tracollo totale. Queste difficoltà, ma forse anche una innata e personale voglia di avventura, portarono Melville a imbarcarsi come mozzo su una nave da New York a Liverpool. Non solo, la sua voglia di avventura lo condusse anche a lavorare come marinaio sulla baleniera Acushnet nel 1841. È sicuro che questa esperienza, di circa diciotto mesi, ha dato tutte le informazioni necessarie per descrivere e costruire quel mondo particolare e difficile della caccia alla balena.

Allora, chiamatemi Ismaele.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.