Naxos

Prendo in affitto un motorino, una Honda 50cc, da un tizio nella periferia di Chora. Pieno di entusiasmo parto alla ricerca di una necropoli del 1000 A.C. posta in un luogo non precisato nell’altopiano di Tsikalario, nel cuore dell’isola di Naxos.
Grecia “Isole Cicladi” – giugno 1991, di Massimo Fusai.

Uscito da Naxos, in un punto un po’ alto, trovo parcheggiato un grosso mezzo del servizio antincendio che controlla la zona. Dalla parte opposta la strada prosegue con una lunga discesa verso l’interno verdissimo e ricco di ulivi secolari. Dopo pochi minuti dèvio dal mio percorso per visitare brevemente il monastero di Kaloritsa sulla cima di una ripida collina, che pare fosse stato costruito sopra una grotta sacra al culto Ortodosso. Trovo il luogo, salgo a piedi la collina (è proprio ripida!) tra sterpi, spine e capre. Trovo un rudere per nulla appariscente e senza grotte visibili. La prima visita non ha portato frutti di sorta. Deluso ritorno indietro sempre tra sterpi, spine e capre.

Riprendo il motorino e proseguo alla ricerca della necropoli. Il tentativo non si rivela facile, non un cartello indicatore che mi aiuti nella ricerca. Unico indizio lo trovo dentro una piccola guida comperata a Chora, corredata di una cartina con contrassegnata una “X” sopra l’altopiano di Naxos e una foto del panorama che si gode dalla necropoli.

Giunto pressappoco nel luogo della “X”, sono circa le undici, parcheggio il motorino sotto un sughero solitario. Armato di borsa fotografica, oltre alla guida di cui sopra, mi addentro a piedi per la sconfinata pietraia che mi appare davanti. Ogni tanto un’occhiata al panorama per vedere se coincide con quello della foto: “l’albero non è allineato con la cresta del monte… Delle case in lontananza sono un po’ nascoste…”. Proseguo a spostarmi nel nulla infuocato di quella pietraia nel cuore di Naxos.

Tentativo dopo tentativo, passo dopo passo, arriva mezzogiorno e della necropoli neanche l’ombra (ombra? Quale l’ombra?). Eppure l’antico sito deve per forza essere in zona, ma fa caldo e ho anche finito l’acqua. Comincio a vivere la sensazione che nella giornata non visiterò nulla di quanto previsto. Così decido per un ultimo controllo prima di tornare indietro e accettare la sconfitta. Nel momento più deludente, proprio dietro a me, si staglia improvviso il grande menhir posto a protezione della necropoli: FINALMENTE!

Superato il menhir entro nell’area sacra della necropoli, formata da enormi sepolture circolari segnate da grandi pietre (mi sento tanto Indiana Jones). Lo stupore viene completato dalla vista di un cartello turistico arrugginito con scritto “Siete nella necropoli di Tsikalario”. Grazie! Ma sarebbero state gradite indicazioni più chiare lungo la strada.

Il luogo però è fantastico. Nei pressi dell’area funebre, mimetizzati lungo le pendici di un’altura, i ruderi spettacolari della possente fortezza bizantina di Apano Kastro. Lo scenario è spettacolare. Mi siedo per godermi il luogo, non più di tanto perché sono quasi le una e il sole picchia forte. Ancora qualche foto, quindi sudatissimo raggiungo il motorino per riprendere la via verso Chora.

Inforco il mezzo, mi preparto e… Hops! Non si mette in moto. Provo di nuovo, niente. Riprovo, macché. Forse è solo ingolfato. Tento di avviarlo a spinta. Dai ora, dai dopo, dai ancora… ma il motorino resta sempre muto. Il sole picchia. La cosa comincia a preoccuparmi, vuoi vedere che ho terminato la benzina? Le parolacce in greco non le conosco ma era come nei fumetti di Paperino “ç@#>##!”.

A forza di spinte raggiungo la strada asfaltata, l’Honda 50 non dà segni di vita. La fregatura è completata da tutta la strada da compiere a piedi, oltre all’ultimo tratto di salita prima di ridiscendere a Chora. Dato che non sussistono alternative inizio una lunga camminata con il motorino a spinta e ogni breve tratto di discesa viene sfruttato al massimo.

Il sole, il sudore, la sete, alla fine ecco la salita. Spingo il motorino per quelle curve, la gente poi guarda e ride. Metro dopo metro giungo in cima alla montagnola, da adesso in poi tutta discesa fino al capoluogo.

«Rezerva?» Sento gridare a un tratto.

Mi giro e noto due ragazzi affacciati al finestrino del mezzo antincendio che avevo scorto alla mattina. I due scendono e ridendo continuano a ripetere «rezerva?» Sono demoralizzato, annuisco con la testa. Decidono di controllare il motorino, provano a metterlo in moto, aprono il serbatoio e ridono. Comincio a essere seccato dal loro sghignazzare.

Poi, come tutti i gialli che si rispettino il colpo di scena: «No rezerva!» Esclama uno dei due e mi indica la pipetta della candela scollegata. Rimango esterrefatto e non faccio più caso ai loro commenti divertiti. Riconnettono la pipetta alla candela, mettono in moto l’Honda 50 e mi incoraggiano con una pacca sulle spalle.

Li ringrazio, saluto e riparto. Solo che ora è tutta discesa.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.