OPEN

OPEN, di Andre Agassi.
OPEN, di Andre Agassi.

Open, come il torneo di tennis USA Open, uno dei cinque più importanti del mondo. Si tratta del torneo del 2006, l’ultimo con la partecipazione di Andre Agassi. L’ultimo torneo in senso assoluto, poi il tennis sarà un capitolo chiuso. Un capitolo di vita, tanta vita. Gioca a tennis per vivere ma odia il tennis, lo odia di una passione oscura e segreta. L’ha sempre odiato. L’odio lo mette in ginocchio, l’amore lo fa alzare in piedi.

Il tennis è come la vita, rispecchia la struttura delle nostre giornate: i punti che diventano giochi che diventano set e infine tornei. Ogni punto può essere una svolta, talvolta bella, talvolta buia. Tutto l’odio si concentra sul drago, una macchina lancia palle modificata appositamente dal padre. Lancia le palle da tennis a circa 180 chilometri l’ora e lui ha solo sette anni e il padre grida “ colpisci prima… colpisci più forte”.

Il peggior nemico è la rete. Niente manda di più in bestia il padre che una palla in rete. È alzata rispetto all’altezza regolamentare, se impara a passare così non avrà problemi a superarla a Wimbledon. Non importa se lui non ha voglia di giocare a Wimbledon, i suoi desideri non sono rilevanti.

Open: la storia di un tennista.

Pare che sia una legge del mercato editoriale: se sei uno sportivo celebre oppure un personaggio del gossip, puoi avere l’idea di scrivere un libro che potrai trovarti su tutti gli scaffali e le vetrine di ogni libreria. Non ha importanza il valore del testo scritto, conta la celebrità. Non ha importanza neppure che la storia personale messa in piazza sia interessante, su questo possiamo trovare decine di commenti di editor rinomati che sottolineano la questione. Insomma una storia personale ha il vincolo minimo di essere appassionante e avere aspetti narrativi di rilievo. Nella stragrande maggioranza di questi casi sono proprio libri inutili che non raccontano nulla di trascendentale, però vendono.

In questo caso sono rimasto spiazzato. Ammetto che secondo i miei parametri non avrei mai preso un libro di questo genere, quindi confesso che me lo sono trovato fra le mani e di conseguenza l’ho letto. Ne sono rimasto colpito, non tanto per le sorti vincenti della sua carriera tennistica che più o meno conoscevo, quanto per l’origine di questa carriera e per le conseguenze, perché esistono sempre delle conseguenze. Il talento va scoperto e coltivato, così almeno in generale viene sostenuto, nella storia invece il talento è stato costruito in una maniera che potrei definire crudele.

Andre Agassi confida che tutta l’infanzia gli è stata rubata, sommersa da una macchina spara palle modificata dal padre proprio per farlo lavorare sul campo in modo pesante e non aveva ancora dieci anni. E quelle palle, sparate poi dai suoi avversari, sono state la costante della sua vita, nonostante un problema alla schiena che lo ha fatto soffrire per tutta la carriera. Che si sia liberato di un peso personale con questa storia è lampante, dei sassolini tolti che parrebbero macigni e che lo hanno condotto ad aiutare. Sarebbe inutile precisarlo, però lo faccio lo stesso.

Il libro non lo ha scritto lui. Diciamoci la verità, nessuno di questi personaggi saprebbe scrivere un libro. L’autore materiale è J.R. Moehringer, giornalista e scrittore statunitense vincitore del premio Pulitzer, infatti il taglio narrativo di valore non sarebbe stato spiegabile altrimenti. Moehringer, con una parte di origini italiane, si sta dedicando alle biografie e pare che sia stato incaricato dal principe Harry per scrivere la sua. Appunto…

Il personaggio:

Andre Kirk Agassi, chissà se dietro al nome c’era una passione per Star Trek. È stato professionista in uno degli sport più pagati in assoluto, dal 1986 fino al termine della sua carriera nel 2006. Ha vinto circa una sessantina di tornei open ATP in giro per il mondo, compresi quelli celebri del grande slam, divenendo numero uno del tennis per lunghissimo periodo.

Il padre, Emanoul Aghasi, è un iraniano di origini armene, ex pugile di livello olimpico. Trasferitosi negli Stati Uniti e dopo la cittadinanza cambia nome in Mike Agassi. Avrebbe voluto fare diventare professionisti del tennis tutti i suoi figli, riuscì solo con il piccolo Andre.

“Vincere non cambia niente.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.