Posso parlare in inglese con te?

Novizio Buddista a Vientiane in Laos. Foto di Massimo Fusai.
Novizio Buddista a Vientiane in Laos. Foto di Massimo Fusai.

Posso parlare in inglese con te? Una domanda che ritornò alla ribalta nella mia mente rimettendo a posto delle fotografie. Quali ondate di ricordi può portare una vecchia foto. Un’immagine ritrovata dopo anni di riposo assieme a tante altre. Flash di memorie celate, le quali si aggrovigliano creando apparente confusione ma poi, a poco a poco, la matassa si dipana e alla fine ricordi.

Era un viaggio per visitare il Laos, un paese che avevamo sfiorato alcune volte, vedendolo dal confine della Thailandia lungo il Mekong. Un paese che incuriosiva, perché udivamo lontani altoparlanti che mandavano continui annunci enfatici e marcette militari, forse un retaggio del lungo periodo di dipendenza comunista. Eppure il muro era caduto da tanto.

Quindi, alla fine, siamo andati a conoscere questo paese, che mostrava cambiamenti enormi pur nella lentezza dello stile di vita. Non c’erano i militari che immaginavamo sentendo quei lontani altoparlanti, trovammo invece un tentativo di aprirsi e guardarsi intorno, anche se tanti si muovevano ancora solo in bicicletta.

Turisti erano presenti e non pochi. Si trattava di viaggiatori come noi, da zaino in spalla e autobus pubblico con i finestrini rotti, come il pulman di linea su cui salimmo per raggiungere Phonsavan. La curiosità è la voglia di confrontarsi appariva nella gente, la quale volentieri si avvicinava per scambiare quattro parole.

A proposito di persone e parole:

Rammento, durante una banale visita a un tempio buddista nella capitale Vientiane, una signora con abiti curati e gioielli, che si presentò come la moglie di un dipendente del governo. Come mi vide mi lanciò addosso dei soldi di carta, ripiegati a formare dei fagottini triangolari. Il gesto, che ammetto mi lasciò perplesso in quell’istante, era un benvenuto e voleva significare prosperità e buona fortuna. Parlammo sottovoce nel tempio, o meglio parlava solo lei, mi spiegò cosa faceva il marito e l’importanza del tempio che stavo visitando. Al termine volle a tutti i costi che prendessi i soldi che mi aveva tirato addosso: era il buon augurio che lei mi regalava e il mio dovere fu raccoglierli a tutti i costi.

Sempre attorno al tempio, qualche minuto dopo si avvicinò un giovane. Il suo volto esprimeva un sorriso timido ma sincero, la sua tunica arancione denunciava la condizione di novizio.

Posso parlare in inglese con te?” Con questa semplicissima richiesta si propose. Il mio inglese era ed è in realtà molto arrangiato, ma a lui non interessava il livello del mio parlare, voleva conoscere.

Il suo modo di fare aveva un effetto coinvolgente, in particolare quando chiese del nostro viaggio, di come eravamo giunti fino in Laos e la nostra spiegazione, mimando con le mani un volo aereo, divenne per lui fonte di divertimento. Il suo interesse non era limitato a questo dettaglio e lo scambio relativo alle informazioni personali si allargò anche sugli aspetti di vita quotidiana. Sorrideva mentre tentava di sforzarsi di fare un parallelo con la sua esperienza giornaliera, fatta delle semplici attività al monastero o presso i templi del centro della capitale laotiana. Comunque sorrideva, sorrideva sempre.

Le differenze risaltavano enormi nella sua mente, in particolare la nostra esistenza frenetica e le necessità legate ai soldi. Scosse il capo mostrando scarsa convinzione.

Ma ti piace di più qui da noi!” L’affermazione giunse disarmante, avendo ben compreso dove si trovava il nostro limite.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.