Quello che noi siamo potrebbe derivare da quello che eravamo, dalle origini mescolate con un odierno completamente diverso. Il DNA, forse, non si può cancellare. Katerina: quasi diciotto anni e nessuna memoria di com’era la vita in Russia, quanta neve c’era, del ghiaccio fuori. Per sua sorella Natalia invece è come un’impronta digitale, nasconde dei soldi, vuole tornare in quella terra.
Lei è Natalia sono come due vasi sbeccati lasciati a prendere polvere, però non si somigliano affatto. La madre naturale si chiamava Anna Maletina Vladimirovna, morta a ventisette anni, forse per la droga, forse ammazzata. Era appena nata e non rammenta nulla delle file di bambini, delle stufe a carbone e delle piccole capanne. Vorrebbe strappare le brutte immagini che Natalia le offre, cancellare quel passato e scrivere nuovi ricordi ma esistono solo quelle ripetute all’infinito. Katerina rimane sospesa su ricordi non suoi.
Poi arriva lui, senza preavviso, come tutte le cose sorprendenti durante una cena organizzata dalle Famiglie che hanno adottato figli in Russia. Si chiama Andrej. Lui però è come Natalia, è rotto.
Siamo come ci vediamo:
Numb dei Linkin Park, ultimo brano dell’LP intitolato Meteora. Un disco che ho e che a me piace moltissimo. Questo brano è citato nel romanzo e non può essere un caso. Nella storia Natalia lo fa imparare a memoria a Katerina. L’attacco di quel brano cita pressappoco: “Sono stanco di essere quello che vuoi che io sia / Di sentirmi senza speranza, perso sotto la superficie / Non so cosa ti stai aspettando da me / Messo sotto pressione camminando nelle tue scarpe.” È l’espressione di una ribellione che conduce a dire basta, al bisogno di scegliere con la testa o con l’istinto, non nelle scarpe di altri.
Testa e istinto si mescolano in questo romanzo, fino a non capire dove è la ragione e dove il cuore. Le difficoltà dell’adozione, in particolare se si parla di ragazzi provenienti da altre culture, altre realtà. Ancora di più se hanno avuto un abbozzo di vita, innescando problemi di identità al punto da odiare e ricercare la vita precedente, poi odiare e amare la vita attuale. Un flusso che rende complessa la definizione della personalità, in una costante voglia di sentirsi completi e di non esserlo.
Se già la classica adolescenza segna in modo critico la crescita di ognuno, in quella lunga fase di costruzione dell’individuo, questa si moltiplica quando ci si scontra con un cambio esistenziale molto grande. La violenza e la droga diventano espressione di tutto ciò che manca e neanche le medicine compensano. Ma adolescenza è ribellione non bastano a circoscrivere la storia, come per il romanzo di Jack London ci troviamo davanti a una sorta di richiamo della foresta, di bisogno di confrontarsi con le origini, smitizzarle oppure sdoganarle. C’è una differenza, a parere mio, che quel richiamo non sempre ha un valore positivo.
Quello che siamo nel romanzo:
Il romanzo si muove secondo schemi letterari difficili da tenere in piedi (questa è merito dell’autrice che c’è riuscita), cioè seguendo punti di vista differenti identificati in: Katerina che deve affrontare la sorella Natalia; nella madre adottiva Giulia, la quale crede di non essere all’altezza anche se un genitore deve esserci sempre; il giovane Andrej che vuole farsi del male e finire affogato nel suo mare.
L’autrice si chiama Alessandra Morelli, scrittrice ternana. Mi ha colpito la sua presentazione, in cui si definisce avvocato in pausa di riflessione. Una riflessione che ha prodotto questo romanzo che è il suo esordio letterario, anche se qualche anno fa è giunta vicino a una pubblicazione con Mursia. Un lavoro costruito nel tempo, forse lo stesso che, lei e il marito, hanno dedicato alla crescita del figlio adottivo proveniente dalla Russia. Del resto ci voleva poco a comprendere che la forza è la precisione con cui ha sviluppato queste problematiche derivano da conoscenza diretta dei temi in questione.
Ora non ci resta che scoprire se questa pausa di riflessione proseguirà producendo altri romanzi veramente intensi.
“Tu sei già salvo.”