Scarti umani

Scarti umani, di Chiara Forlani e Samanta Sitta.
Scarti umani, di Chiara Forlani e Samanta Sitta.

Scarti umani, come chi vive al di fuori dal mondo della gente o che viene buttata nella mondezza.

Diamante percorre a velocità sostenuta il lungo tratto fino alla prima piazzola della indifferenziata. Tiene aperto il finestrino per godere dell’odore dell’alba anziché del pattume, il gomito sporge all’esterno. Nell’aria i primi trilli degli uccelli nascosti sui rami, per la strada un’umanità addormentata e confusa: un vecchio barcollante, una prostituta. Il percorso è stato definito dal capo anche se non sembra logico come è organizzato, ma se obbedisce ai suoi ordini va tutto bene.

Arriva alla piazzola, come definito dal programma, arresta il mezzo. Guarda nello specchietto per posizionarsi nel modo giusto. Solleva il contenitore dell’indifferenziata artigliandolo con i bracci meccanici e lo svuota nel ventre del camion. A terra qualcosa di strano, si sporge per vedere meglio. Scende dai gradini troppo alti del mezzo, poi un pugno gelido che attraversa l’esofago e arriva allo stomaco. Trema, rimette il poco che ha ingerito per colazione. Si costringe a guardare e capire, prende consapevolezza di cosa ha di fronte.

Una donna fra gli scarti umani

Diamante è il nome della protagonista, un nome che sa di antico. Una donna molto particolare, che vive in una visione del mondo tutta sua, pur se calata in una realtà che tutti noi spesso dimentichiamo esistere ma c’è. I rifiuti sono la sua ragione di vita, lavora svuotando i cassonetti della mondezza per l’azienda municipale della città. A volte viene comandata per la raccolta degli oggetti abbandonati e a lei questo piace in modo particolare, le dona soddisfazione e poi può sempre trovare qualche oggetto interessante per il suo amico Arturo, che ha un negozio di rigattiere.

Una donna che si nasconde come persona, chiusa nel proprio stile di vita. Sì nasconda sia come donna, impedendo al proprio aspetto femminile di palesarsi in ogni maniera, sia nella quotidianità, preferendo i così detti barboni e i senzatetto (gli scarti umani). Infatti possiede una forte empatia versi chi sta ai margini della società, anche per un passato (quando era una bambina) che le ha fatto conosce forme di emarginazione sulla propria pelle: la madre mal vista e pure lei in quanto figlia. Poi gli abusi offerti da una condizione di difficoltà che può avere varie facce.

Diamante ha un amico, l’unico che possiamo definire con quel termine. Si chiama Arturo, detto Artù, fa il robivecchi e sa inventare storie mirabolanti sugli oggetti trovati nella spazzatura. Chiama spesso Diamante con il termine di bambolina, ma a lei quel nomignolo non piace affatto.

La nostra protagonista trova un braccio, nella piazzola dei cassonetti. Riconosce quel braccio e le pare incredibile quella scoperta, perché è di una senzatetto di nome Rosanna. Poi ritrova le altre parti del corpo nelle piazzole successive, in una specie di caccia al tesoro macabra che da inizio alla storia, fino all’ultimo ritrovamento, con un braccio incorniciato e un dito che indica verso l’alto. Diamante sa per certo che si tratta di Rosanna la senzatetto, per via di un tatuaggio disegnato sulla pelle del primo ritrovamento e che conosce benissimo. Per cercare e recuperare tutte le parti del corpo della senzatetto lei viola ogni regola dell’azienda, scatenando l’ira dei colleghi e del suo capo, i quali non sanno il motivo del suo comportamento.

Una indagine atipica

Si sviluppa così una trama thriller e gialla dedicata agli scarti umani anche se non è il classico libro thriller o giallo. C’è una indagine, sì, ma senza polizia o carabinieri, senza commissari o pubblici ministeri, senza che la giustizia ufficiale sia presente. È un thriller giallo atipico in cui le veci del “Colombo” della situazione viene interpretato da una donna minuta e amica dei senzatetto. Il motivo è molto semplice, ritiene che quei resti macabri (scarti umani di altro genere) siano un messaggio per lei: l’assassino l’ha sfidata e solo lei può fare giustizia.

Un romanzo che affronta la realtà di chi vive reietto per scelta o per forza, affrontando una condizione che vediamo sotto i ponti o nelle stazioni. Si tratta di persone vulnerabili, non solo perché obbligate a sopravvivere all’aperto, ma anche per un disagio mentale che la mancanza di sicurezza propone. Quindi un romanzo scritto seguendo il loro punto di vista, verificando che anche la protagonista (pur avendo una casa e un lavoro) si sente vicina a quella condizione. L’aspetto che arricchisce la trama lo troviamo, proprio nella ricostruzione della gioventù di Diamante, perché ciò che diventiamo è sempre generato da una matrice che viene dal passato e per sfuggire alla vita usa un rituale che le genera dolore ma per certi versi trova purificante.

Ora le due autrici:

Un romanzo scritto a quattro mani in modo eccellente. Non si notano cambi di stile in tutto il libro, l’amalgama è perfetta. In genere i romanzi scritti da due autori tendono a dividersi i personaggi e le vicende, in questo caso abbiamo solo una protagonista. Rimane la curiosità (ci deve rimanere curiosità) di capire come si sono organizzate per creare questo unicum di ottima qualità.

Chiara Forlani, scrittrice ferrarese e insegnate presso la scuola ospedaliera dell’Ospedale Pediatrico di Ferrara, dove svolge le lezioni ai piccoli malati ricoverati. Di lei ho spesso scritto nel mio blog, per cui vi rimando ad alcuni link in merio alle sue pubblicazioni ( 12345).

Samanta Sitta, ferrarese pure lei, invece è una nuova scoperta, nel senso che è il suo esordio ufficiale nei romanzi ma ha scritto numerosi racconti, almeno dalle informazioni che sono riuscito a reperire. Di lei speriamo di avere altre produzioni in futuro.

Il romanzo in oggetto ha vinto il NeRoma del 2023, da cui questa pubblicazione con Libraccio editore.

Ma per me nulla è inutile, una parte di quelle cose diventa mia, entra a far parte del mio tesoro personale e trova quasi sempre una seconda vita.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.