Siddharta

Siddharta, di Herman Hesse.
Siddharta, di Herman Hesse.

Siddharta è il figlio di un Bramino indiano. È ribelle verso le regole paterne e abbandona la casa. La sua è una ricerca complessa, che si dipana in varie fasi della vita. Affiancato dall’amico Govinda compie un viaggio alla scoperta del mondo, degli altri esseri umani e di se stesso.

Siddharta e Govinda iniziano questa esperienza lontano dalla famiglia vivendo con i Samana, affrontando un’esistenza ascetica a dir poco estrema. Dopo questo passo decidono di andare a conoscere la persona e la verità del Budda Gotama. Govinda rimane colpito dal personaggio, decidendo di seguirlo e lasciando solo Siddharta. La solitudine del protagonista lo porta in una città dove inizia a vivere con la bella Kamala, divenendo oggetto delle debolezze umane e mettendo incinta lei.

Sentendosi colpevole della sua nuova moralità, lascia Kamala, nell’idea finale di uccidersi. Sarà la meditazione e il casuale incontro con Govinda a non farlo soccombere. Una nuova vita quindi, che scopre realmente davanti a un fiume, dove un barcaiolo di nome Vasudeva parla a lui sull’essenza dell’acqua.

Rincontrerà Kamala con il piccolo Siddharta, suo figlio. Lei muore morsa da un serpente e lui deve aiutarlo a crescere, ma non sarà facile. La storia pare ripetersi e questo placherà l’uomo. L’esperienza con il figlio lo porta a comprendere veramente la vita e il mondo, fino a raggiungere l’illuminazione o la vera saggezza, riconosciuta dal suo amico e palesata nell’inchino di Govinda verso Siddharta.

Un romanzo che ha segnato il passaggio di molti.

Non è la storia del Buddha, come molti erroneamente dichiarano o pensano, ma le vicende di un giovane che lascia la famiglia alla ricerca di se stesso. In tutta questa sua ricerca, nata dalla ribellione, il vero elemento culmine è il figlio, a sua volta ribelle, contrario alle regole paterne e che deve lasciare libero nel mondo.

È un vero e proprio romanzo di formazione, una lunga analisi complessa del passaggio, spesso critico e angosciante, dalla giovinezza al mondo adulto. Un passaggio che non prevede il transito della propria esperienza verso il soggetto figlio.

Un percorso di maturazione individuale che avrebbe come obiettivo la saggezza. È difficile parlare di saggezza, certamente con il crescere si comprende meglio il significato delle cose. Un figlio è solo l’innesco di un nuovo ciclo, dimentico delle esperienze genitoriali, proprio come Siddharta quando viene lasciato dal figlio, esattamente come lui fece con il padre Bramino.

Dì Herman Hesse è pressoché inutile parlarne, sarebbe come spiegare  il pane o l’acqua. I suoi testi parlano per lui e della sua particolare tensione filosofica. Tedesco, scrittore, poeta, aforista, filosofo e pittore, è salito alla ribalta per le sue posizioni critiche al consumismo e al capitalismo, cosa che lo ha fatto assurgere a voce fondante nei fermenti giovanili degli anni ’60. Il romanzo Siddharta, del 1922, incarna in pieno questa visione rivoluzionaria.

Come credo sia successo a molti altri, al sottoscritto questo libro non ha generato nulla di sconvolgente nei pensieri e nelle considerazioni in merito all’esistenza, mentre pare abbia segnato molto i giovani negli anni ’60 del secolo scorso, per i motivi detti precedentemente.

Però qualcosa mi ha colpito, risaltando in modo enorme rispetto al resto, ovvero l’estrema attualità del pensiero. In particolare ho colto degli elementi puntuali soprattutto in ottica del significato di saggezza, la quale oggi si trova spesso soppiantata dal concetto di apparire. In tutti i casi non la si può cedere alle generazioni successive.

“La scienza si può comunicare, ma la saggezza no […] spiegarla e insegnarla non si può”.  Questo ci dice che si può esprimere e diffondere il sapere ma non l’equilibrio delle cose, perché si è obbligati a meditare su queste cose. Esattamente come oggi si è portati a non pensare perché ci appare più facile. Tutto il contorno ci veicola a dimenticare quell’equilibrio e quindi a rimanere bambini.

“Tutti sono sottomessi, tutti desiderano obbedire e pensare meno che si può: bambini sono gli uomini.”

Massimo Fusai. Segui su Instagram.