Ave o Maria, piena di… Colpa. Con questa variante, ispirata alla ben nota preghiera mariana, prende forma “il falsario di reliquie” di Carlo Animato, uno dei migliori gialli di carattere storico pubblicati negli ultimi anni.
L’autore ci introduce ai torbidi intrighi di una vicenda storicamente vera, legata al volere e al dovere assolutamente fare atto di fede. Per molti versi un giallo gustoso e ironico demandato all’intuito indagatore di un semplice fornaio.
Siamo a Berna, nel maggio del 1507 in una fontana nei pressi del ghetto vengono trovati due cadaveri nudi, con ognuno un garofano infilato fra le natiche.
Un romanzo molto attento alla trama e ai bisogni del lettore, il quale può seguire le vicende descritte sempre in prima fila quasi fosse al cinema.
Un libro che meritava miglior fortuna e magari maggiore attenzione anche da parte dell’editore, che con grande gusto ha comunque deciso di farlo proprio e pubblicarlo. La vita è dura e non sempre i titoli che meritano ricevono la giusta sorte.
Il romanzo storico, ancora più precisamente il giallo storico (praticamente un triplo salto mortale con avvitamenti e senza rete), è una palestra difficile e pericolosa da affrontare per qualunque autore. Dobbiamo ad Umberto Eco l’onore di averlo riportato nella giusta auge.
Ho scomodato il maestro Umberto Eco in quanto questo romanzo ricalca, fatte le debite proporzioni, le linee guida definite dal noto semiologo, oltre che nella costruzione della storia per la particolare presenza, anche nel testo di Carlo Animato, di una disputa di carattere teologico: la purezza dal peccato originale per la vergine Maria, perfettamente inserita nel contesto sia storico che narrativo.
Degne di citazione sono le note finali scritte direttamente dall’autore, le quali aiutano successivamente il lettore a ricollocare tutte le vicende nel contesto storico e culturale, con precisi appunti sugli usi dei Domenicani e delle Clarisse (in questo proprio il grande Umberto Eco ha tracciato la via maestra).