In Patagonia

In Patagonia, di Bruce Chatwin.
In Patagonia, di Bruce Chatwin.

In Patagonia, perché tutto era racchiuso nel ricordo di un pezzetto di pelle di Brontosauro che sua nonna teneva in un cassetto e poi perduto. Era piccolo e ci credeva che fosse davvero un pezzetto di pelle tipo cuoio con i peli di un Brontosauro, trovato congelato in Patagonia. La delusione però fu grande, quando a scuola scoprì che i Brontosauri non avevano una pelle simile e soprattutto i peli, ma squamosa come quella di un rettile. Una storia simile a quella del Brontosauro in realtà esisteva, si trattava di un Milodonte trovato per caso da un cugino della nonna. La pelle forse era di questa specie di Tapiro gigante.

Prima della Patagonia il primo impatto dell’Argentina era stata Buenos Aires, una città avvolta in una argentea nube inquinata. La storia la si trovava descritta nei suoi cognomi che raccontavano di esilio e immigrazione. Si avvicinava il natale e da poco era stato inaugurato il mausoleo a Peron. Alcuni cattolici celebravano una messa in suffragio di Hitler e aspettavano il golpe, altri conoscevano Ernesto Guevara senza immaginarsi che sarebbe arrivato a tanto. Una settimana a Buenos Aires poi il treno verso La Plata, dove al museo di scienze naturali vide un grande dinosauro scoperto in Patagonia.

In viaggio:

La Patagonia inizia sul Rio Negro, un confine naturale superato grazie a un ponte di ferro, che si apre a uno strano deserto. Un deserto non di sabbia o pietra come quelli più celebri dell’Africa, ma una distesa di bassi rovi che non ha prodotto nessun drammatico eccesso, però affascinò Darwin per le sue qualità negative irresistibili. Patagonia deve il nome, forse, a Magellano che indicava i grandi mocassini di un indio alto e possente con il termine “patagon”.

Questo libro è il racconto di un viaggio iniziato nel dicembre del 1974, nato da quel ricordo curioso di bambino. Un insieme di pensieri, considerazioni, ambienti e descrizioni, ma soprattutto storie. Storie di un passato antico, in cui appariva che l’erba di quelle distese non fosse più la stessa e persino gli uccelli che volavano.

Case o baracche dove gli spifferi passavano attraverso le assi di legno. Strade sulla cordigliera che riducevano a 4 giorni un viaggio in Cile che ne avrebbe previsto settimane per portate merci, poi il vento delle montagne che sovrasta ogni rumore e ti fa credere a camion in arrivo che in realtà non ci sono. E la leggenda di Butch Cassidy in quelle terre, forse vera o forse inventata. Immensi pascoli per pecore e vacche, con uomini che a loro volta non erano altro che pecore e vacche.

Non parla mai di orari o dei mezzi presi negli spostamenti, meglio precisare che lo fa a modo suo senza intenti di guida turistica, la narrazione si concentra sulle persone e sulla varia umanità che riempie una terra desolata e dura. Viaggiare per quelle pampas ha portato a conoscere persone, situazioni di vita, ospite in casa di un crogiolo di esseri umani che volevano essere rivelati. Una umanità appunto, perché incontra uomini e donne delle più disparate parti: italiani, tedeschi, scozzesi, sudafricani, yankee, indios, eccetera. Tutto per disegnare un concentrato del mondo in un angolo di mondo, affrontato a passo lento che non è quello dettato dai piedi ma dal ritmo della vita.

La Patagonia nella gente:

Un romanzo senza una trama e protagonisti, anzi la trama è il viaggio e i protagonisti divengono gli incontri compiuti da Chatwin in quel lungo peregrinare per la Patagonia. Infatti il libro non segue il filo logico di una storia ma è un insieme di tante storie, al punto da sembrare più una raccolta di racconti. Novantatre capitoli che affrontano altrettante vicende di una terra che, ancora negli anni settanta, pareva un mondo sconosciuto. Erano anni in cui il viaggio fino in Patagonia riscuoteva molto fascino e altri scrittori hanno affrontato la fatica del racconto, come Paul Edward Theroux, con il suo “l’ultimo treno per la Patagonia” di cui ho avuto modo di parlare qualche anno fa.

Bruce Chatwin, scrittore, giornalista e viaggiatore inglese, morto abbastanza giovane ma che ha lasciato una perenne impronta nel panorama letterario, proprio come quelle di alcuni brontosauri citati all’inizio di questo articolo. In Patagonia è il suo testo più celebre e la sua genesi molto particolare. In quel periodo Chatwin lavorava come giornalista per una testata inglese, intervistando una signora novantatreenne vide una mappa della Patagonia. Aveva sempre desiderato andarci, convinto dalla signora decise di partire licenziandosi dal giornale. Era il 1974, e rimase in Patagonia ben sei mesi. Erano altri tempi.

“Dovevo fare ancora una cosa in Patagonia: trovare un pezzo di pelle di Brontosauro in sostituzione di quello andato perduto.”

Massimo Fusai. Segui su Instagram.