A occhi bassi.

A occhi bassi, di Tahar Ben Jelloun.
A occhi bassi, di Tahar Ben Jelloun.

A occhi bassi” un titolo che ci suggerisce un atteggiamento orientato alla sottomissione. Comportamenti a cui sono chiamate soprattutto le donne e questo libro parla di una donna.

La vita prevede, sotto la fumosa coltre della cultura o della consuetudine, atti che rasentano la fede. E così gli occhi devono stare bassi, ufficialmente come gesto di umiltà e modestia, nella realtà una schiavitù morale verso il mondo maschile. La protagonista, fin da bambina, deve sottostare a quanto deciso dalla famiglia o meglio dal padre. Così è durante l’adolescenza e la condizione di sottomissione non svanisce neppure con l’età adulta, in cui la figura maschile di riferimento diviene il marito.

La storia parte da un villaggio dell’Atlante marocchino. Scopriamo i conflitti e gli equilibri familiari, le abitudini e la quotidianità di un ambiente rurale che comprende anche le persone al di fuori della famiglia. Poi c’è la partenza, la famiglia emigra a Parigi e la vita di tutti cambia radicalmente.

Tahar Ben Jelloun affonda la penna nel complesso culturale del suo Marocco, una realtà apparentemente lontana perché pensiamo ad un paese africano. In effetti sono ambiti conosciuti e vissuti anche nella nostra Italia: la condizione femminile, l’emigrazione e lo sradicamento, l’intolleranza. Situazioni vissute anche nel nostro paese e che mi ricordano, fatte le ovvie e giuste distinzioni, romanzi che affrontano questioni parallele.

A occhi bassi è un romanzo bellissimo e sorprendente. L’autore, un uomo, è riuscito a rappresentare e a farci comprendere il difficile punto di vista di una donna marocchina e quello complesso di una intera società.

Un romanzo che personalmente non ho comperato ma mi fu regalato da una ragazza e non ritengo casuale che sia accaduto proprio così.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.