Tropico del Cancro.

Tropico del Cancro di Henry Miller
Tropico del Cancro di Henry Miller

Tropico del cancro, di Henry Miller, fu tacciato di pornografia, ma erano gli anni ’60. Negli anni ’70 simbolo di uno scrivere libero. Possiamo domandarci se oggi, con l’esistenza di un movimento “mee too”, sarebbe politicamente proponibile un testo così schietto e sicuramente maschilista, nonostante l’aspetto sessuale esplicito non sia preponderante. Comunque non è stato scritto ai nostri giorni e quindi supera qualunque tentativo di omologazione, non potendo essere uniformato a nessuna tendenza dominante.

Il romanzo, autobiografico in tutto e per tutto, si sviluppa nella Francia degli anni ’30 (in particolare Parigi) con qualche rimembranza di una New York triste, al punto che l’autore preferisce vivere la fame in Europa, anche se sa di essere uno Yankee e che “non si diventa europeo dalla sera alla mattina”.

Un mondo di falliti, esiliati, squattrinati (come squattrinato è l’autore sempre alla caccia di qualche franco). Una vita di strada fra intellettuali, artisti e alcolizzati in una Europa precedente alla seconda guerra. I dialoghi sono limitati (eccezioni direi) il testo è un andare senza un apparente fine di pensieri, riflessioni, considerazioni su persone, situazioni e l’animalesco vivere il sesso: “Tutto questo mistero del sesso, e poi ti accorgi che è nulla, un buco e basta.”

Una opera definita icona letteraria, sicuramente un libro passato alla storia per l’estrema contraddittorietà con cui lo si percepisce.

Da leggere assolutamente con l’ausilio di una copertina personalizzata, visto il freddo inverno.

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