L’inverno di Giona, di Filippo Tapparelli, è un inverno che può colpire chiunque e magari nella nostra infanzia lo abbiamo sognato e immaginato. Un inverno che non fa parte delle stagioni e del clima ma lo troviamo nell’anima.
Il protagonista non ha ricordo.
Giona non ha ricordo di quando era piccolo, nemmeno uno. Eppure deve essere stato bambino.
Alvise punisce Giona. Alvise picchia Giona. Lo fa per insegnare a lui a vivere. Alvise che domina il vecchio paese di montagna, anzi lo comanda e tutti ubbidiscono. Giona, allo stesso modo del paese, deve obbedire ad Alvise, ma ancora di più perché Alvise è la sua famiglia. Giona che è da solo e la voce lo aiuta. In questo contesto Giona affronta il suo inverno, il quale si accomuna con la fuga da Alvise.
Nel vecchio e cadente paese di montagna troviamo Attilio, il cui tempo è quasi finito. La moglie Linda divenuta ormai lo sfogo del marito dopo che la figlia è scappata di casa. Anna, avvolta in uno scialle scuro, che pulisce la chiesa senza più un prete. Poi c’è Norina, una bambina che è ovunque, che tutto sa e non mente mai. Norina è l’unica non vecchia di tutto il paese, l’unica assieme a Giona.
Ma chi sono tutti loro o forse cosa sono. Quale realtà si palesa a Giona e quindi al lettore? La storia non ha tempo, può essere ambientata oggi come venti anni fa. La storia non ha tempo perché è essa che determina il tempo.
Filippo Tapparelli, scrittore veronese, con passioni sportive per la scherma e il parapendio. Non vive di scrittura ma è impiegato in una azienda di verona e con questo testo vinse (nel 2018) il prestigioso premio Calvino, palesandosi nel panorama letterario con un romanzo dall’impostazione geniale. L’inverno di Giona è quindi stato il suo romanzo di esordio. Una scrittura distopica, onirica, ma mai assurda. Una narrazione coinvolgente che entra nell’anima del protagonista e vi trascina dentro, fino a giocare con le piccole cinque pietre da prendere al volo.