Canne al vento

Canne al vento, di Grazia Deledda.
Canne al vento, di Grazia Deledda.

Canne al vento, così sono gli uomini. Efix, il servo delle dame Pintor, aveva lavorato per rinforzare l’argine che lui stesso aveva costruito in tanti anni sul fiume che attraversava il poderetto. Più in là terreni che una volta erano appartenuti alle sue padrone, le poche terre rimaste erano l’avanzo del patrimonio. Nell’ora della preghiera un passo rapido e lieve di fanciullo. Zuannantò giunse ansimante, lo avvisava che doveva rientrare in paese, che donna Noemi lo voleva, forse per causa di una lettera gialla che era giunta.

Nell’abitazione di donna Noemi venne letto il foglio. Non era una lettera ma un telegramma. Avvisava che Giacinto sarebbe tornato da lì a pochi giorni. Non era il benvenuto. Se il padre fosse stato ancora in vita non gli avrebbe permesso nemmeno di sbarcare.

Canne al vento e l’attenzione su temi contemporanei nel 1913:

Come per il romanzo “Elias Portolu”, di cui ho trattato e che trovate a questo link, è un arrivo dal continente che innesca la trama. Del resto la Sardegna è un’isola e il senso del ritorno diviene una costante, anche se il contesto è molto diverso. Un paese della Sardegna che sembra fuori dal tempo e un servo custode di due grandi segreti. Questo il filo logico di un romanzo che segna l’unione fra il romanticismo più istintivo e il verismo, latore della realtà sociale dell’Italia dei primi anni del 1900.

La vita delle donne della famiglia Pintor è dominata da una condizione di progressiva povertà, solo il loro orgoglio le fa sopravvivere. Nobili proprietarie terriere, oramai detengono solo un piccolo podere che da loro sostentamento. Tutte le cure sono demandate al vecchio servo devoto Efix (da Efisio), il quale ancora immagina che la famiglia possa tornare ai precedenti splendori. L’uomo, come in tutti i romanzi d’appendice che si rispettino, tiene nascosti due grandi segreti: la fuga della più giovane delle sorelle Pintor, di nome Lia, e la morte del padrone. Per Efix l’arrivo di Giacinto è il sogno di una speranza.

Per quanto non creda che fosse l’intenzione della scrittrice, questo testo è una specie di trattato sociologico. Racconta, con uno stile intenso, il mutare degli equilibri della così detta “società arcaica”, guidata dall’aristocrazia terriera bloccata ideologicamente nelle sue regole. Una nuova modernità inizia a sbocciare in Italia, la nuova borghesia che Efix racconta nelle prime pagine del romanzo. Rincorrere questa novità conduce al fallimento e questo vale anche per l’amore.

Il vertice di una scrittrice sarda:

Canne al vento è probabilmente il romanzo più noto di Grazia Deledda. Venne pubblicato a puntate sulla rivista “l’Illustrazione Italiana”, nei primi mesi del 1913 e in seconda battuta come vero e proprio libro dall’editore Treves di Milano. Della scrittrice sarda, premio Nobel per la letteratura, ho avuto modo di scrivere, ma voglio sottolineare un dettaglio non proprio banale e che spiega la notorietà anche a livello internazionale dei suoi romanzi, che poi hanno condotto al premio. In pratica s’innamorò della sua scrittura il celebre scrittore inglese David Herbert Lawrence, autore di L’amante di Lady Chatterley, il quale viveva in Italia. Fu lui a tradurre le opere della Deledda, catturato dallo stile e dalle intense emozioni che trasmettevano le sue pagine.

Siamo canne, e la sorte è il vento.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.