C’era una volta Lorenzo

C'era una volta Lorenzo, di Daniele Naselli.
C’era una volta Lorenzo, di Daniele Naselli.

C’era una volta Lorenzo, per la precisione Lorenzo Massimiliano De Marchi, perché ai suoi genitori piacevano i nomi lunghi. Lorenzo sta morendo, ha settantanove anni ed è vecchio. È normale morire alla sua età, però non si sente pronto e anche questo è normale. Se non fosse caduto dalle scale sarebbe sulla solita panchina del parco, osservando le solite persone e i soliti bambini. Non è famoso ma qualcuno potrebbe ricordarsi di lui.

Era arrivato molto vicino a essere eletto Presidente della Repubblica, in più aveva svolto l’incarico di Ministro dell’Interno. Poi il suo tempo era passato e sperava che nessuno più si ricordasse si lui e di quello che aveva commesso: ventisette anime sulla coscienza e il numero lo sapeva con certezza, cercando un colpevole da accusare al suo posto.

C’era una storia, anzi c’è:

C’era una volta un gatto senza nome. No, un uomo a dire il vero, ma questa non è una battuta messa per gioco. O forse il gioco esiste, perché quel “c’era” ricorda molto una fiaba. C’era una volta un uomo, il quale una volta c’era e in modo molto netto. Il suo passato è importante, ma il presente lo inchioda nel ricordo e nella realtà di marito e padre senza successo. Prima di morire l’esistenza gli scorre davanti, ma non in fretta, il passato si mostra senza un senso logico, il tempo necessario a colpire i sentimenti. E in questo passato che scorre esiste anche un’altra persona, un altro Lorenzo (o forse no) che ha a che vedere con una particolare miniera di manganese ed è proprio lui che c’era una volta.

L’Italia è cambiata, anzi tramutata in una Repubblica Federale dall’anima instabile. Una specie di monito sulle possibili conseguenze di stare separati in casa, ogni regione garante del proprio orticello. Non è proprio una condizione che dobbiamo porre nell’ambito del fantastico…  Lo dico perché l’aspetto distopico del libro è molto forte, particolare, potente. È l’Italia di oggi, di questi anni, eppure tutto è diverso. Una ottima soluzione narrativa che voglio sottolineare.

Solo che l’autore non si è limitato a questo, ha aggiunto un elemento che molti scrittori temono ed evitano: affronta il difficile ambito del flusso di coscienza. Non voglio scomodare Faulkner (ci mancherebbe, ne siamo lontani), però il personaggio viene sviscerato in una preponderante prima persona narrativa, che continua a raccontarsi in modo profondo, ad analizzarsi, a giudicarsi, a mettere sul piatto del lettore la chiave di tutta la sua vita di uomo sbagliato, come in una confessione.

Non è possibile andare molto oltre nel parlare della storia, senza mettere in piazza dettagli su cosa c’è di sbagliato negli ultimi istanti di quell’uomo, aspetto che invece va assolutamente letto per poterlo scoprire. Questo anche per un altro motivo tecnico, in quanto si tratta di un romanzo breve di appena centoquaranta pagine circa. Tutto entra quasi immediatamente nel gioco narrativo e il flusso di coscienza diviene una palese dichiarazione di fiducia verso il lettore.

C’era un romanzo, anzi c’è:

Il romanzo, inteso come oggetto formato da pagine scritte, ha una interessante particolarità che forse è figlia del carattere dell’autore. Ovvero non ci sono ringraziamenti. L’autore preferisce non ringraziare nessuno. Rimane defilato dietro la storia, come uno scrittore dei vecchi tempi. Di più: nelle prime pagine non ha inserito nemmeno dediche o frasi celebri, che ora vanno molto di moda, e che in tanti casi paiono solo gratuito sfoggio. Dentro al libro c’è solo la narrazione, c’è solo lo scrittore, ci sono gli ultimi istanti di un uomo sbagliato.

Daniele Naselli. Non è un nome nuovo nel mio blog. Ho già parlato di lui per un altro romanzo, che trovate a questo collegamento. Quindi non è un esordiente, si tratta anzi della sua terza pubblicazione. Tre romanzi tutti scritti con taglio molto particolare, affatto semplici nel loro schema. uno scrittore che sceglie strade difficili e forse per questo non ha ancora una posizione certa nel panorama letterario, eppure è bravo. Solitamente un autore si concentra su scritture difficili quando ha dietro un percorso di crescita lungo, Daniele Naselli invece vuole subito dimostrare di avere una maturità ben definita. Ebbene sì, c’è l’ha.

E vissero tutti felici e contenti?

Massimo Fusai. Segui su Instagram.