I guardiani della casa dell’elicriso

I guardiani della casa dell'elicriso, di Giordano Vezzani.
I guardiani della casa dell’elicriso, di Giordano Vezzani.

La casa dell’elicriso, come la chiamava una volta Lia Fiorentino, era una grande villa che conservava ancora la fisionomia di un tempo, nonostante le condizioni e l’incuria, un relitto (o forse una reliquia) del passato. Cristiano Coppola guardava la casa e alla fine era stato notato, forse riconosciuto, impossibile defilarsi a quel punto. Si chiedeva se erano cambiati, se lui fosse cambiato. Sulla porta il volto di una donna, sorpresa dalla situazione ma affatto stupita di vederlo. Il ricordo del primo incontro, quando erano giovani, cercando il cane smarrito.

Bianca appariva ancora bella, con le sue rughe di espressione, e il cuore di Cristiano batteva rientrando dentro a quella casa. A prima vista non sembrava cambiato molto nella villa. Daniele, fratello di Bianca, non si era mai sposato, aveva una voce da fumatore, amministrava i beni della casa e si dilettava con una barca che non usava. Aspettando la cena, rigorosamente al tramonto, seduti su una panca continuano a scavare nei ricordi. Nessuno di loro si era avvicinato a quello spazio protetto denso di significati fra loro e i segreti, con gli anni, posso diventare pesanti.

L’elicriso e la casa:

Elicriso, pianta perenne mediterranea che predilige zone aride e marine. Una pianta dal profumo caratteristico che rammenta forse la pipì dei gatti. Il nome deriva dal sole e dall’oro, per la forma e il colore del fiore. A Cristiano Coppola ricorda proprio il sole dell’estate, i sentieri, l’orizzonte dove cielo e terra s’incontrano.

La casa, detta dell’elicriso, è una villa dal numero grande di stanze e ambienti. I guardiani fisici sono Bianca e Daniele, fratelli e figli di Lia, la cui voce è ancora racchiusa nella serra e che qualche stranezza l’aveva. Cristiano li rincontra, forse meglio dire li cerca, diciannove anni dopo una estate fondante per i caratteri di tutti. Una estate che li ha resi unici ma non completi e quel completamento dovrebbe essere il ritrovarsi per spiegarsi, per giustificarsi.

Un giustificarsi che entra nella loro storia, narrata dalle ossa e dalla pelle che sono sostanza, mentre le foto e le riprese con la cinepresa rappresentano la rievocazione. L’apparenza che muta in una memoria rivissuta, un risveglio dopo anni di oblio, in cui le tragedie prendono anche forma, con l’esperienza giovanile di quella estate e il ricordo maturato da adulti.

Aveva diciassette anni, Cristiano, quando trascorse (per gravi cause familiari) quella estate nella casa dei Fiorentino, una famiglia di religione ebraica che aveva scelto di vivere senza i dogmi della religione, con atea tranquillità e con un passato difficile durante il periodo fascista. Come la villa, in cui la mutata apparenza esteriore lasciava l’essenza dell’interno intatta, allo stesso modo il ricordo trasforma le immagini personali concretizzandole nella realtà cruda dei fatti.

Un romanzo forte come l’elicriso:

L’ambientazione è quella degli anni sessanta, per quanto riguarda il periodo adolescenziale, mentre la fase adulta si svolge diciotto-diciannove anni dopo nella stessa casa. Il luogo è la Liguria, in quelle aree amene di campagna, fra il mare e i crinali coltivati. Non si identifica un periodo preciso, si può ipotizzare che i ragazzi vivano una estate successiva al 1966, questo per i riferimenti al “cantagiro”, che vide il girone dedicato ai gruppi musicali solo da quell’anno, oltre ad altri input inseriti dall’autore.

Il romanzo è stato sviluppato con una struttura che voglio definire simile a dei binari ferroviari. Due linee parallele, l’estate vissuta da ragazzi e il nuovo incontro da adulti. Quelle due linee sono unite dalle traversine del ricordo, l’unico elemento di contatto per condurre alla verità che nessuno pensava di raggiungere. I personaggi costruiscono il percorso dei binari e non sono solo l’ospite Cristiano con Bianca e Daniele: sono la madre Lia, il padre Orlando, la governante Ernestina e lo zio Jacob, che appaiono contorno ma non lo sono.

L’autore, che è stato capace di mettere insieme un gioco letterario così sofisticato e interessante, non vuole apparire modo diretto. Eppure, come dichiara, non vuole neppure nascondersi a nessuno. Giordano Vezzani non è il nome reale, si tratta di uno pseudonimo costruito come omaggio ai genitori e a una amica scrittrice. Uno scrittore dagli interessi molteplici nella propria vita e dalle tante esperienze, le quali giustificano questo testo molto denso di contesti e punteggiato di riferimenti culturali, senza soluzioni forbite.

I guardiani della casa dell’elicriso non è il romanzo d’esordio di Giordano Vezzani (o comunque si chiami nella vita), ha già nel curriculum altre due pubblicazioni del 2019. Sono convinto che questo libro, di profonda formazione, porterà qualche bella soddisfazione all’uomo scrittore.

Non era stato niente male quel primo bacio, seguito da molti altri.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.