Io uccido

Io uccido, di Giorgio Faletti.
Io uccido, di Giorgio Faletti.

L’uomo è uno e nessuno. L’unico modo valido è quello di abbandonarsi a una corsa sfrenata sul cammino della follia. L’uomo si appoggia alla colonna e pensa che siano tutti inutili. Vede una coppia intenta in approcci e sguardi. L’uomo appoggiato alla colonna pensa che presto moriranno.

Jean-loup Verdier è un DJ della nota Radio Montecarlo. Con la sua SLK scorre le vie della cittadina monegasca per raggiungere gli studi della emittente radiofonica. Ha un programma notturno molto apprezzato, lui lo è un po’ meno dal suo direttore. Nel programma dialoga con gli ascoltatori che chiamano al telefono. Ma una telefonata strana giunge, una voce che sembra disturbata o finta. Una voce che racconta disagio, che la notte non può dormire perché il suo male non riposa mai.

“E allora tu cosa fai, di notte, per curare il tuo male?” chiede il DJ.

“Io uccido…”

Un annuncio e io uccido:

Lo schema principale (il più diffuso) per un thriller è quello dell’inseguimento. Non parlo di auto che corrono, in stile sulle strade della California (sì, lo so, è un telefilm antico…), l’inseguimento citato è quello messo in atto, in varie forme, per scoprire e fermare un omicida. Anzi, in genere un assassino seriale. Quindi tutto il gioco, che sta dietro a un romanzo di questo tipo, per un lettore è quello di sapere cosa compie il killer e partecipare a una indagine volta a catturarlo. Ammetto che spiegata così si potrebbe concludere che sono tutti uguali. Invece no.

Tutto prende avvio da un annuncio, per altro fatto alla radio anche se in un programma notturno. Si tratta di una trasmissione radiofonica seguita, addirittura dalla famiglia reale. È l’annuncio più rumoroso che poteva essere compiuto, l’assasino si manifesta e da lì parte l’insegumento: si seguono le tracce, si crea uno schema, si cerca di anticiparne le mosse. L’interesse sta nel come viene messo in campo tutto questo ed è ovvio che non si può dire nulla di specifico. L’intreccio si sviluppa nel Principato di Monaco (pare che sia il primo serial killer nella cittadina monegasca) e sembra di stare nel gran premio di formula uno, tutto si muove sullo stretto e sorpassare l’assassino è praticamente impossibile.

Quello che mi interessa sottolineare è il come è stata impostata la narrazione e la storia. I personaggi sono il cuore del romanzo, ma curiosamente non sono proprio descritti, si conoscono più per il contorno che li racchiude. Per converso abbiamo lunghe descrizioni di luoghi, strade e palazzi, come nel prolisso inizio del primo capitolo, in cui ci si sofferma sulle vie e i semafori. Una ultima annotazione la voglio fare per chi ambisce a scrivere, perché questo romanzo è l’esatto opposto dei precetti che in genere possiamo trovare parlando di testi di esordio. In particolare su due aspetti: l’ambientazione e i personaggi. Si dice che per esordire sono da evitare storie ambientate all’estero e nomi stranieri. Risulta ovvio che in questo caso non viene seguita questa indicazione. Possiamo dire che sia l’eccezione che conferma la regola? Forse sarebbe più esatto dire che non è una vera regola, ma più una indicazione di buonsenso.

Giorgio Faletti:

È un nome che si presenta da solo. Piemontese, 1950 – 2014. Scrittore, attore, cantautore, comico cabarettista. Per chi è della mia generazione lo rammenterà nel famoso programma “drive in”, con i suoi personaggi esilaranti e all’epoca la comicità poteva anche essere politicamente scorretta. In questo caso, invece, ricordiamo la parentesi da scrittore, altro ambito dove il successo non è mancato, portando in libreria una serie di romanzi thriller. “Io uccido” fu il suo esordio, clamoroso soprattutto per il numero elevato di copie poi vendute. Un esordio, come tanti di cui parlo in questo mio blog. Un esordio celebre.

Massimo Fusai. Segui su Instagram.