La partita di monopoli

La partita di monopoli, di Claudia Myriam Cocuzza.
La partita di monopoli, di Claudia Myriam Cocuzza.

Monopoli, notissimo gioco da tavola che tutti abbiamo avuto fra le mani in qualche occasione. Però esiste una edizione particolare, definita dell’imbroglio. Si tratta di una versione in cui è lecito fare i furbi, quindi con meccanismi di gioco che permettono di barare fino a poter anche rubare soldi alla banca. Ma la prigione è sempre la spada di Damocle dei partecipanti e senza passare dal via…

Clara Martinez aveva aperto la sua farmacia, come tutti i giorni. All’interno il via vai di clienti, sempre in vena di chiacchiere e d’informarla sugli avvenimenti. L’ultima notizia che circolava aveva dell’incredibile: la vedova Rosa Squillace, titolare della Zagara, l’azienda agricola più importante della zona, era stata trovata morta; un colpo alla testa, pare. Una notizia traumatica per il piccolo borgo marinaro e di potenziale difficile soluzione, in quanto si trattava di una donna odiata da mezzo paese. Quanti ce n’erano che la volevano morta è qualcuno l’ha uccisa davvero.

Stefania Barbagallo, maresciallo dei carabinieri, è a capo della piccola stazione di Castellace. Sta preparando la festa per i 12 anni della primogenita, per poi portare le sue bimbe al mare prima che faccia troppo caldo; tutto da sola, il marito lavora negli Stati Uniti. Nessuna pace, nemmeno in quella giornata e al telefono giunge la notizia dell’omicidio della Squillace… quella Squillace… Stefania si trova costretta ad andare per forza, il vero appoggiò erano i suoi genitori, dove portare le bimbe. La secondogenita però non voleva sentire ragioni: “allora perché mi hai messo il costumino?”

Una partita a Monopoli:

Il Monopoli in questione è la vicenda dell’omicidio di donna Rosa Squillace. Chi affronta il caso è un’altra donna di nome Stefania Barbagallo, maresciallo dei carabinieri e a capo della stazione del borgo di Castellace. Un personaggio che affronta il caso seguendo linee e sensibilità particolari, con una interessante tendenza verso le dinamiche familiari, agevolata dalla propria storia che la vede essere cresciuta fra quella gente.

Una donna in cui appaiono tutte le difficoltà del ruolo di madre e le complicazioni in quello di moglie di un marito medico che lavora lontano. Tutto sulle sue spalle insomma, tutto affogato nel poco tempo disponibile, pure cronometrarsi per svuotare la vescica. Spesso viene da credere che stia per cedere alla valanga di incombenze e alla piccola tirannia delle figlie adolescenti, per poi fare una doccia alla velocità della luce, gestire le bambine e gli ospiti come se fosse fresca e riposata.

In tutto questo troviamo un secondo personaggio, che appare fondamentale nella storia pur non essendo una protagonista: si tratta della farmacista Clara, nonché amica fedele di Stefania. Una presenza molto centrata (e per certi versi scopriremo meglio il perché), in quanto è storicamente accertato che nelle piccole comunità esistevano delle figure cardine del rapporto sociale: il parroco, il maresciallo, il farmacista e il barbiere. Escluso il parroco e il barbiere (che non hanno valenza vera nel romanzo), troviamo due di queste figure ed è splendido scoprire come, nella farmacia di Clara, siano tutti pronti a confidare i fatti degli altri e difatti se lo chiede pure lei come mai la gente senta questo bisogno.

Un giallo da Monopoli:

Un giallo che più giallo non si può, nemmeno con il candeggio, costellato di personaggi secondari che creano una specie di fauna di varia umanità da paese. Tutti descritti senza particolari caricature, escluso il simpatico brigadiere Tomaselli, le cui capacità di sintesi vagano su altre direzioni. Sopra tutti spiccano proprio Stefania e Clara, una accoppiata ben amalgamata nel gioco narrativo, al punto da fare ritenere che possano essere state ideate con una finalità seriale. L’una completa l’altra. Credo, pertanto, che vedremo in futuro altri romanzi gialli governati da questa coppia azzeccata.

Il borgo marinaro di Castellace non è New York, le indagini seguono strade e filosofie ben diverse di quelle di un giallo marcato USA. Un semplice separé può aiutare a capire una persona da interrogare: come si siede, i gesti nell’attesa, meglio dello specchio segreto che vediamo nelle serie TV Tipo NCIS.

Interessanti alcuni aspetti sociali antropologici, nascosti fra le pagine, ma che sono pezzi i quali vanno oltre il semplice colore. Fra tutti segnalo la regola di offrire il caffè al bar a chi è presente, oppure la facile allusione se un uomo va da una signora in orari vari e infine che nel commercio, le arance, si comprano sull’albero. Non si tratta di vere e proprie spiegazioni sociologiche in stile saggio, ma poche righe che inquadrano (in modo netto) aspetti culturali e modi di vivere. Piccole parentesi che ho trovato pregevoli.

Un sorpresa molto carina:

Claudia Myriam Cocuzza, giovane scrittrice siciliana e farmacista di professione (ma guarda un po’!). La potremmo soprannominare Clara, perché no, in quanto tutto la descrive nelle linee generali. Sono sicuro che le persone, che frequentano la farmacia dove lavora, la vedranno come una persona pronta ad ascoltare piccole confidenze oltre che i malanni di ognuno, di certo non ha sentito parlare di omicidi… ma tant’è. Una giovane autrice, dicevo, e questo romanzo è il suo esordio nel panorama complesso e variegato degli scrittori. Un esordio molto particolare, in quanto il romanzo ha già ricevuto un premio prima ancora di essere pubblicato. Anzi, è giunto alla pubblicazione proprio dopo aver vinto il premio “Garfagnana in giallo” edizione 2022 per i testi inediti e, come sostiene la stessa autrice, ha così avuto una casa. Io aggiungo, una ottima casa.

Claudia Myriam Cocuzza, oltre alla farmacia e a scrivere, segue anche collaborazioni importanti, fra cui ruoli di redattrice per ThrillerNord, il giornale delle buone notizie e Writer Magazine Italia. Non bastasse, ha anche pubblicato racconti, per altro uno con menzioni. Se aggiungiamo che ha due splendide bimbe, la domanda che nasce spontanea è: se ha tempo per dormire.

“Ma c’era da contrattare con una fimmina e disonesta per giunta.”

Massimo Fusai. Segui su Instagram.